Tumore al seno metaplastico: può avere origine ereditaria

Uno studio dell’IEO di Milano su tale forma rara di carcinoma mammario evidenzia il legame con varianti patogenetiche germinali del gene BRCA1, aprendo a nuove prospettive per l’accesso ai test genetici e terapeutiche

Il cancro al seno metaplastico, una forma aggressiva e rara di tumore al seno, può avere origine ereditaria. Lo rivela uno studio condotto all’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) dal quale è emerso in modo chiaro per la prima volta che una percentuale elevata di donne con carcinoma mammario metaplastico presenta una predisposizione genetica in virtù della presenza di una mutazione genetica germinale nel gene di suscettibilità BRCA1. La ricerca, pubblicata di recente sull’European Journal of Human Genetics, è frutto della collaborazione tra la Senologia, diretta da Paolo Veronesi, e la Divisione di prevenzione e genetica oncologica, diretta da Bernardo Bonanni. Approfondiamo i nuovi dati e le loro possibili ripercussioni con Giovanni Corso, primo autore dello studio e chirurgo senologo presso l’IEO, oltre che ricercatore universitario presso la Statale di Milano.

Giovanni Corso

Il cancro al seno metaplastico

Il carcinoma metaplastico è un tumore raro, che rende conto di meno del 5% di tutti i tumori al seno, ed è altamente aggressivo perché dà facilmente metastasi per via ematica e quindi colpisce spesso fegato e polmone. Inoltre di frequente si presenta come triplo negativo.

«I tumori triplo negativi sono suddivisi in diverse sottocategorie – spiega Corso -. Tra questi sottotipi c’è il carcinoma infiltrante di tipo non speciale (“no special type”), che è il più frequente e beneficia del trattamento chemioterapico adiuvante e/o neoadiuvante; le varianti “low-risk”, ovvero forme poco aggressive, e poi tumore al seno metaplastico. Quest’ultimo è un tumore aggressivo e ad alto rischio, da una parte perché colpisce le donne giovani e dall’altra perché ad oggi non disponiamo di un trattamento target specifico. Già nel 2021 avevamo condotto uno studio in IEO, revisionando la nostra casistica di pazienti con tumore metaplastico, e avevamo visto che la risposta al trattamento chemioterapico, soprattutto neoadiuvante, è pressoché assente. Tra le varianti triplo negative, il tumore metaplastico è dunque quello più ‘cattivo’».

Predisposizione genetica al tumore metaplastico

Finora erano disponibili scarse informazioni sulla predisposizione genetica al cancro al seno metaplastico. Studi precedenti avevano suggerito un possibile coinvolgimento del gene BRCA1 nell’aumento del rischio, ora confermato dalla nuova ricerca condotta all’IEO. Nel nuovo studio, sono state esaminate tutte le pazienti con tumore al seno che si sono sottoposte a una consulenza genetica e al successivo test genetico di BRCA1 e BRCA2 presso l’istituto milanese, per un totale di oltre 5200 donne. Ebbene i nuovi dati mostrano che un’alta percentuale dei tumori metaplastici diagnosticati è ereditario e, nella stragrande maggioranza dei casi, legato alla presenza di varianti patogenetiche di BRCA1.

«Circa il 6% di tutte le donne con carcinoma mammario presenta una variante patogenetica, nel 3% casi nei geni BRCA (1 e 2) e PALP2 e nell’altro 3% dei casi correlata ai geni CHEK2 e ATM. Considerando invece solo i tumori triplo negativi, ci sono degli studi che dimostrano che circa il 20% di queste neoplasie hanno una mutazione di BRCA1 o BRCA2, e esaminando solo la quota di triplo negativi attribuibili a BRCA1, siamo intorno al 15%. Nell’ampia casistica che abbiamo analizzato nel nuovo studio, i metaplastici associati a mutazioni di BRCA1 balzano al 55%. Va certamente tenuto presente che la nostra era una casistica fortemente selezionata, tuttavia la predisposizione ereditaria associata a BRCA1 emerge in modo chiaro» fa notare Corso.

Le ricadute su screening genetico e cure

Sebbene siano necessari altri studi su popolazioni di pazienti non selezionate con test genetico per capire quale sia il vero ruolo del gene BRCA1 nell’insorgenza del tumore metaplastico della mammella, i nuovi dati sono molto forti e con potenziali ricadute importanti come sottolinea anche Gareth Evans, genetista dell’Università di Manchester, in un editoriale di commento allo studio.

«Gareth sottolinea l’importanza dell’associazione dimostrata, suggerendo che alla luce dei nuovi dati sarebbe opportuno testare tutti i tumori metaplastici per BRCA1/2, cosa che è nelle nostre intenzioni – racconta Corso -. Non solo, a prescindere dal nostro progetto futuro, vogliamo invitare tutti i colleghi a testare per BRCA tutte le donne con una diagnosi di tumore metaplastico primario, sia in fase iniziale sia metastatico».

Tuttavia le ricadute riguardano anche l’aspetto terapeutico. La presenza di varianti patogenetiche di BRCA1 apre nuovi orizzonti terapeutici, in particolari con i PARP inibitori. «Oggi i PARP inibitori trovano largo impiego nei tumori, non solo della mammella, associati a mutazioni nei geni BRCA. Finora il ricorso a questi farmaci nei tumori metaplastici non era contemplato, ma alla luce dei nostri dati andrebbe preso in considerazione, idealmente attraverso studi mirati. A nostro avviso il tumore metaplastico dovrebbe rientrare tra i criteri per l’acceso al test BRCA, anche perché l’eventuale presenza di una mutazione di tale gene implica il potenziale utilizzo di PARP inibitori».

Le implicazioni sui familiari e sulla chirurgia

Riconoscere attraverso i test genetici la presenza di una predisposizione genetica allo sviluppo del tumore al seno metaplastico può avere anche altre implicazioni, come sottolinea Corso.  «L’identificazione di un’eventuale variante patogenetica di BRCA1 deve assolutamente sensibilizzare la paziente al coinvolgimento dei familiari e all’adesione a un programma di screening e sorveglianza degli altri tumori associati».

Esiste infine anche un’implicazione chirurgica. «È evidente che la chirurgia conservativa nel tumore metaplastico, già di per sé aggressivo, non è più sufficiente. Se ci troviamo di fronte a questo tumore in una donna giovane portatrice di una mutazione BRCA, dobbiamo considerare la mastectomia e anche la mastectomia profilattica controlaterale» conclude Corso.

Antonella Sparvoli

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