Melanoma ad alto rischio: conferme sulla terapia a mRNA

Nuovi dati presentati all’ASCO indicano che il trattamento adiuvante con l’immunoterapico pembrolizumab e il vaccino terapeutico può ridurre notevolmente le possibilità di metastasi a distanza e di decesso

Dopo il successo con il Covid-19, i vaccini a mRNA sono diventati sempre più protagonisti di studi in ambito oncologico. Nel melanoma, in particolare, stanno dando risultati incoraggianti nel trattamento della malattia metastatica. Lo confermano i risultati dello studio di fase II mRNA-4157-P201/KEYNOTE-942, presentati di recente al Congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO). I nuovi dati indicano che nei pazienti con melanoma resecato ad alto rischio di recidiva, il trattamento adiuvante con il vaccino mRNA-4157 e l’immunoterapico pembrolizumab può ridurre di circa il 65% il rischio di sviluppare metastasi a distanza o di decesso rispetto al solo pembrolizumab.

Lo studio

Nello studio di fase II mRNA-4157-P201/KEYNOTE-942, che mirava a testare la sicurezza e l’efficacia della terapia adiuvante con pembrolizumab e il vaccino a mRNA sperimentale, sono stati presi in esame 157 pazienti con melanoma in fase III/IV resecato: 107 soggetti sono stati trattati con la terapia adiuvante e 50 solo con l’immunoterapia. I pazienti sono stati stratificati in base allo stadio della malattia e sono poi stati seguiti per un massimo di 3 anni dopo la prima dose di pembrolizumab.

Il vaccino a mRNA sperimentale, sviluppato dalla farmaceutica Moderna, è stato progettato per colpire le mutazioni tumorali specifiche di ciascun paziente. In pratica si prende un campione della neoplasia, lo si manda in un laboratorio specializzato, dove viene processato e analizzato. Il passo successivo prevede la selezione, attraverso un particolare algoritmo, di 34 neoantigeni, ovvero molecole riconosciute come estranee dal sistema immunitario del singolo individuo e tipiche del suo tumore, scegliendo quelli più capaci di stimolare una risposta immunitaria contro la neoplasia. Da questi neoantigeni vengono costruiti i rispettivi RNA messaggeri che poi vengono inoculati nel paziente.

I nuovi dati sulla sopravvivenza

Dopo un follow-up mediano di 23 mesi per il gruppo di pazienti trattato con la combinazione del vaccino mRNA-4157 più pembrolizumab e di 24 mesi per quello trattato con il solo pembrolizumab, il tasso di sopravvivenza libera da metastasi a distanza a 18 mesi è risultato del 91,8% con la combinazione contro 76,8% con pembrolizumab in monoterapia.
«Lo studio mRNA-4157-P201/KEYNOTE-942 è il primo trial randomizzato ad aver dimostrato un miglioramento della sopravvivenza libera da recidiva e della sopravvivenza libera da metastasi a distanza con un approccio di terapia neoantigenica personalizzata» ha affermato l’autore principale dello studio, Muhammad Adnan Khattak della Edith Cowan University di Joondalup, in Australia, in occasione della presentazione dei dati.

Le prospettive

L’avvio della fase III dello studio KEYNOTE-942 è già in programma, ma sono in fase di studio anche altre combinazioni tra immunoterapia e vaccini a mRNA. Per esempio, in Italia, l’Istituto dei tumori Pascale di Napoli, oltre a partecipare alla nuova sperimentazione di fase III, è impegnato in un’altra ricerca, promossa dall’azienda Evaxion, che prevede l’uso di un vaccino a mRNA, realizzato con un procedimento simile a quello di Moderna, in combinazione con l’immunoterapia, che verranno però utilizzati in un setting diverso, ovvero in prima linea in pazienti con malattia metastatica. Anche se si stanno aprendo nuove possibilità, la cautela rimane d’obbligo. Solo nei prossimi anni sarà possibile avere una visione più chiara e definita delle possibili applicazioni dei vaccini a mRNA nei pazienti oncologici.

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