La sostenibilità sociale, etica ed economica della prevenzione dei tumori

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la prevenzione dei tumori è cruciale nella riduzione delle malattie croniche non trasmissibili (MCNT), che rappresentano la prima causa di morbosità, invalidità e mortalità, il cui impatto provoca enormi danni umani, sociali ed economici. Il cancro è la patologia cronica potenzialmente più prevenibile e oggi anche più curabile, secondo le indicazioni del Piano Europeo di Lotta contro il Cancro e del Piano Oncologico Nazionale italiano, ad esso ispirato. Si stima che in Europa, negli Stati Uniti e in altri Paesi Occidentali, circa il 40% dei nuovi casi e il 50% dei decessi per tumori sia potenzialmente evitabile, in quanto causati da fattori di rischio in larga parte prevenibili. Il fumo di tabacco rappresenta il principale fattore di rischio (1 tumore su 3, non solo del polmone). Una sana alimentazione, il mantenimento di un corretto peso corporeo, una regolare attività fisica, la rinuncia all’alcol, possono nel loro insieme ridurre fino al 30% il rischio di ammalarsi di cancro. Le persone obese subiscono un rischio maggiore di sviluppare alcuni tumori, come quello della mammella, della prostata, del colon-retto, dell’ovaio, dell’endometrio, del rene e del pancreas.

In Italia, su un numero di casi annui di tumore pari a circa 400.000, 160.000 potrebbero essere evitati e circa 65.000 vite salvate, grazie ad un piano sistematico di prevenzione sui principali fattori di rischio. La prevenzione costituisce di gran lunga la cura più efficace per evitare l’insorgenza e ridurre le conseguenze del cancro: prevenzione primaria nei soggetti sani, prevenzione terziaria dalle recidive e da nuovi tumori in quelli già affetti, prevenzione secondaria e diagnosi precoce finalizzate ad una maggiore efficacia delle terapie e ad un minore impatto sulla qualità della vita dei pazienti. La necessità e l’urgenza della prevenzione sono oggi obbligate, nei paesi occidentali evoluti, anche dal progressivo aumento dell’età media della popolazione e dalle crescenti disparità economiche, sociali e culturali, che stanno minando la possibilità di curare adeguatamente tutte le persone che si ammaleranno di tumore nei prossimi anni.

In primo luogo, la prevenzione dei tumori e in generale delle malattie croniche non trasmissibili richiede un profondo salto culturale: come in altre sfere delle attività umane (ambiente, clima, territorio, energia) homo sapiens ha una scarsa attitudine alla prevenzione e si dedica alla soluzione dei problemi solo dopo che si sono manifestati, spesso in modo grave e con conseguenze disastrose. Nell’ambito della salute, in particolare, storicamente sono state sempre destinate alla prevenzione risorse residuali, a causa di un approccio scientifico e clinico focalizzato più sulle patologie e sulle cure ospedaliere e meno sulla salute fisica e mentale della persona nella sua interezza. 

In secondo luogo, bisogna realizzare una campagna di sensibilizzazione per promuovere nella popolazione stili di vita sani in ogni età (infanzia, adolescenza, età adulta) e in tutti i contesti di vita (famiglie, scuole, aziende, istituzioni pubbliche, terzo settore, società civile). Diversamente dalla cura delle malattie, dove non possiamo fare a meno del personale sanitario, la prevenzione dipende fortemente dalla consapevolezza e dal comportamento dei singoli individui, che possono diventare una risorsa fondamentale per il miglioramento della salute e per la sua sostenibilità economica.

In terzo luogo, occorre disegnare e attuare un nuovo modello di organizzazione di sanità pubblica che integri le istituzioni sanitarie regionali deputate alla prevenzione (screening di popolazione generale, vaccinazioni, campagne di comunicazione e sensibilizzazione) con i percorsi diagnostici e terapeutici delle strutture ospedaliere e soprattutto con la medicina territoriale (medici di medicina generale, case di comunità, ospedali di comunità, farmacie). La creazione di una “rete sanitaria coordinata”, cui sono stati destinati notevoli investimenti del PNRR (anche se in massima parte nelle strutture fisiche e nella digitalizzazione e in minima parte ai medici e al personale sanitario non medico) rappresenta la vera sfida per la realizzazione di un nuovo approccio in cui prevenzione e cura delle malattie siano affrontate in modo integrato per migliorare la salute dei cittadini, ridurre gli sprechi ed ottimizzare le risorse pubbliche e private del sistema sanitario.

Nell’ambito del Piano Oncologico Nazionale 2023-2027, che è in fase di attuazione attraverso la approvazione dei Piani Oncologici Regionali, un capitolo specifico (il 2.2.2.) è dedicato ai percorsi di prevenzione e di presa in carico dei soggetti portatori di sindromi ereditarie. La Fondazione Mutagens, insieme ad altre organizzazioni di pazienti come F.A.V.O. e UNIAMO, ha partecipato attivamente alla stesura di tale documento, in particolare per questo segmento specifico di popolazione, stimata oggi in oltre 1.250.000 soggetti, in prevalenza portatori sani a rischio di malattia. Se la prevenzione dei tumori è fattibile e altamente costo/efficace nei tumori sporadici, cioè casuali – come dimostrano ampiamente in tutta Europa e in Italia gli screening di popolazione generale su mammella, colon-retto e cervice uterina – lo sarebbe certamente ancora di più in quelli ereditari, dove i fattori genetici determinano un rischio maggiore di malattia da 2 a 40 volte superiore a quello della popolazione normale. In tale ambito specifico la correlazione diretta tra alterazioni genetiche e rischio di tumore impone, anche sul piano etico, di fare il possibile per ridurre l’incidenza delle malattie e di gestire al meglio la presa in carico dei soggetti portatori. Inoltre, numerosi studi, sia a livello internazionale sia a livello nazionale, confermano che gli interventi di sanità pubblica sulla popolazione ad alto rischio, oltre a ridurre il carico di malattie (si stima un’incidenza dei tumori ereditari fino al 15-17% dei casi annui totali), sarebbero del tutto sostenibili economicamente, grazie alla riduzione dei tumori (prevenzione primaria e terziaria) e ad una maggiore efficacia ed efficienza delle cure (prevenzione secondaria). 


Il punto critico è che ad oggi, sia per i limiti del modello culturale “orientato alle patologie”, sia per la mancanza di un disegno organico di sanità pubblica su tale popolazione, solo meno del 10% dei soggetti a rischio sono stati identificati tramite test genetico e, di conseguenza, sulla maggior parte di essi non è possibile attuare alcun programma di prevenzione, con notevoli conseguenze sulla salute e ampi sprechi economici. Aggiungiamo che negli ultimi anni, grazie ai progressi della medicina di precisione, si sono resi disponibili per i pazienti portatori farmaci altamente innovativi (PARP inibitori, anticorpi farmaco-coniugati, immunoterapici) ad altissima efficacia, il cui accesso è ancora limitato per un sistema normativo, regolatorio e amministrativo eccessivamente burocratico, frammentato e lento. Peraltro, anche per tale popolazione, esiste una situazione altamente differenziata e quindi iniqua a seconda della regione di residenza/domicilio, non giustificabile nel modello universalistico della nostra Costituzione. 

In sintesi, sia per i soggetti sani asintomatici sia per quelli già affetti portatori di sindromi ereditarie, oggi ci sarebbero le condizioni medico-scientifiche per la messa in atto di un sistema di prevenzione e di cura personalizzato, altamente sostenibile sul piano medico-scientifico, sociale, etico ed economico. La Fondazione Mutagens è fortemente impegnata su diversi fronti per rendere realizzabile in tempi rapidi e in modo efficace tale nuovo modello sanitario. Alla base della nostra missione abbiamo sempre collocato l’attività di informazione e sensibilizzazione, volta a creare una maggiore consapevolezza nella cittadinanza e negli stessi operatori del settore. La realizziamo attraverso il nostro sito istituzionale, le newsletter, i social network, i gruppi di discussione e le chat di sindrome ereditaria, che vedono una comunità di persone sempre più ampia, coinvolta e partecipe. Inoltre, siamo presenti in diversi tavoli istituzionali, a livello nazionale e regionale, dove si concordano e si attuano le politiche sanitarie: non ultimo il Gruppo di Lavoro in seno ad AGENAS sui PDTA Regionali dei Tumori Rari (solidi adulti, ematologici, pediatrici, ereditari), che ha lo scopo di ridurre le disparità ed i ritardi nella presa in carico dei pazienti nelle diverse Regioni e Province Autonome del Paese e promuovere una rete nazionale per il confronto delle esperienze e il miglioramento delle prestazioni. In parallelo dialoghiamo e pressiamo le principali strutture ospedaliere nazionali (IRCCS Istituti di Ricovero e Cura di Carattere Scientifico, AOU Aziende Ospedaliere Universitarie, AO Aziende Ospedaliere) per la formalizzazione e attuazione dei PDTA Aziendali (percorsi di presa in carico) e dei GOM (Gruppi Oncologici Multidisciplinari) per soggetti ad alto rischio eredo-familiare. Inoltre, abbiamo recentemente promosso con il partner Deloitte una nuova iniziativa, denominata PRECISION-ERE, finalizzata alla definizione di un percorso multidisciplinare (oncologi, patologi, genetisti, biologi molecolari) per la integrazione dei Test NGS a fini terapeutici e dei Test genetici di identificazione dei portatori, in modo da favorire l’accesso alla medicina di precisione nei pazienti con tumori ereditari e ai percorsi di prevenzione per i familiari sani.

In tutte queste iniziative ci sforziamo di porre al centro la visione e i bisogni dei pazienti (affetti e sani) e di favorire un dialogo e un consenso tra tutti gli attori dell’Ecosistema Mutagens: società scientifiche, strutture ospedaliere, istituzioni sanitarie nazionali e regionali, organizzazioni di pazienti, aziende farmaceutiche e biotech. Solo dallo sforzo congiunto di tutte le componenti e di tutti gli attori sarà possibile vincere la grande sfida della prevenzione e della lotta contro i tumori, che non è mai stata così vicina al traguardo come negli ultimi anni. 

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