Influenza della storia familiare sullo sviluppo dei tumori ereditari

Secondo uno studio britannico gli individui con sindromi genetiche di predisposizione al cancro avrebbero un rischio meno elevato di ammalarsi in assenza di una storia di malattia in familiari di primo grado

Gli individui che presentano una variante patogenetica in geni di suscettibilità al cancro correlati alla sindrome del tumore ereditario al seno e all’ovaio (HBOC) o alla sindrome di Lynch (che espone in primis a un maggior rischio di cancro del colon-retto e all’endometrio) hanno maggiori probabilità di ammalarsi se hanno familiari di primo grado, quindi genitori, fratelli o figli, che hanno sviluppato neoplasie associate a tali sindromi. È quando emerge da uno studio britannico, pubblicato di recente sulla rivista The Lancet, che quindi evidenzia come la penetranza delle sindromi tumorali ereditarie vari con la storia familiare e l’importanza di tenere conto di questa informazione quando si consigliano i pazienti sulle strategie di sorveglianza e riduzione del rischio.

I risultati dello studio inglese

I ricercatori britannici hanno analizzato i dati raccolti nella Biobanca del Regno Unito relativi a oltre 450 mila individui dei quali era stato sequenziato l’esoma (la parte codificante del DNA) e per i quali erano disponibili informazioni cliniche, raccolte tra il 2006 e il 2021. Gli studiosi hanno quindi identificato i soggetti con una storia familiare di cancro al seno o del colon-retto autodichiarata e una variante patogenetica nei principali geni responsabili della sindrome HBOC o della sindrome di Lynch e quindi calcolato la sopravvivenza in seguito alla diagnosi di cancro.

Ebbene i dati analizzati mostrano che le donne con varianti patogenetiche di BRCA1 o BRCA2 avevano un rischio maggiore di cancro al seno che però era più elevato in quelle con una storia familiare di primo grado (rischio relativo 10,3 e 7,8, rispettivamente) rispetto a quelle senza (7,2 e 4,7). Anche la penetranza fino ai 60 anni era più alta nelle donne con una storia familiare rispetto a quelle senza. Dati analoghi sono stati osservati anche nei soggetti con la sindrome di Lynch, con qualche variabilità in relazione al gene mutato. In particolare gli individui con una variante patogenetica nei geni MLH1MSH2 o MSH6 avevano un rischio aumentato di cancro del colon-retto che era significativamente più alto in quelli con una storia familiare (rischio relativo 35,6; 48,0 e 9,9) rispetto a quelli senza (13,0; 15,4 e 7,2). La penetranza fino ai 60 anni era anch’essa più alta per i portatori di una variante patogenetica di MLH1 o MSH2 con una storia familiare (30,9% e 38,3%), ma non per MSH6, rispetto a quelli senza (20,5% e 8,3%).

Le implicazioni

Lo studio britannico sottolinea l’importanza di tenere in considerazione la storia familiare di cancro, in particolare nei familiari di primo grado, per stratificare il rischio di ammalarsi negli individui con sindromi tumorali ereditarie. «È fondamentale che gli individui che ricevono l’esito di test genetici indicanti una predisposizione al cancro siano adeguatamente informati sul loro profilo di rischio individuale nel contesto della loro storia familiare di malattia – scrivono gli autori dello studio -. Per quelli accertati al di fuori del percorso clinico standard, ciò contribuirà a fornire ai pazienti informazioni più accurate per consentirgli di prendere decisioni informate sulle opzioni profilattiche». In pratica, secondo gli autori, conoscere la storia familiare e quindi riuscire a stratificare il rischio, può aiutare a gestire in modo più personalizzato la sorveglianza ed eventuali strategie chirurgiche di riduzione del rischio, diminuendo in particolare il pericolo di una gestione eccessiva di individui asintomatici senza storia familiare di malattia.

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