Gastrectomia profilattica: la difficile scelta di vivere senza stomaco

Le storie di Simona e Federico di sottoporsi all’asportazione dello stomaco per prevenire il cancro gastrico diffuso ereditario

Decidere di rimuovere un organo importante come lo stomaco per non ammalarsi di cancro non è una decisione facile, ma a volte è quasi una scelta obbligata come ci hanno raccontato Simona e Federico (nomi di fantasia). Entrambi hanno preso la decisione di operarsi dopo aver scoperto di essere portatori di una mutazione genetica che li espone ad un alto rischio di ammalarsi di tumore gastrico. Le loro storie dimostrano che vivere senza stomaco è possibile, anche se complicato. Alla fine la consapevolezza che l’asportazione completa di questo organo è l’unica strategia per “mettersi in sicurezza” ha avuto la meglio, anche se il percorso è stato difficile, fisicamente e psicologicamente.

La scoperta della sindrome ereditaria

Simona e Federico hanno la sindrome ereditaria del cancro gastrico e mammario, associata a mutazioni germinali del gene CDH1. Questa condizione è associata a un maggior rischio di tumore allo stomaco, che arriva a superare l’80% per le donne e il 67% per gli uomini, in una fascia di età spesso inferiore ai 50 anni. Purtroppo la diagnosi precoce di questa neoplasia è pressoché impossibile perché il tumore tende a nascere al di sotto della mucosa gastrica che appare normale alla gastroscopia e anche le numerose biopsie che vengono fatte risultano spesso negative. Per questi motivi nella maggior parte dei casi questo tipo di tumore viene diagnosticato ad uno stadio avanzato, quando è a rischio la vita stessa. Non solo, chi presenta varianti patogenetiche CDH1 ha maggiori possibilità di sviluppare anche il carcinoma lobulare mammario. E le storie di Simona e Federico sono iniziate proprio con la scoperta di un tumore lobulare.

«Nel 2008 ho scoperto di avere un cancro al seno lobulare infiltrante, il primo caso in famiglia – spiega Simona, che oggi ha 60 anni -. Vengo operata in Piemonte, dove vivo da molti anni, anche se sono originaria della Toscana. Per fortuna non erano coinvolti i linfonodi per cui non ho dovuto fare la chemioterapia. Non sapevo ancora di avere una sindrome ereditaria di predisposizione al cancro, nonostante ci fosse una familiarità oncologica: mia mamma e mia nonna erano morte a causa di un cancro allo stomaco. Solo nel 2012 ho scoperto di avere una mutazione del gene di suscettibilità CDH1, ereditata da mia mamma».

«Nel 2018 mi ero accorto di avere un “grano” nel capezzolo che era stato etichettato come tessuto fibroghiandolare e quindi come qualcosa di non pericoloso – racconta Federico -. Ma nel 2021, a soli 44 anni, in seguito alla formazione di una linea più scura sul capezzolo e alla sua iniziale retrocessione, mi sottopongo a nuove indagini, a Barcellona dove vivo da diversi anni, e scopro di avere un tumore mammario lobulare, infiltrato nel linfonodo sentinella, per cui ho dovuto sottopormi anche alla chemioterapia. Dopo la diagnosi sono stato sottoposto al test genetico che ha evidenziato la presenza di una variante patogenetica CDH1 e una variante di significato incerto nel gene BRCA2. Sebbene mia madre abbia avuto un cancro al seno lobulare, gli esiti delle indagini genetiche hanno evidenziato che la mutazione l’ho ereditata da mio padre e non da lei. Mio padre oggi ha 80 anni e fortunatamente non ha sviluppato né il tumore mammario né quello gastrico».

L’allerta per lo stomaco

Dopo la diagnosi del tumore mammario e il test genetico, Simona e Federico vengono informati sul rischio di cancro gastrico ereditario diffuso. Inizialmente Simona viene seguita a Firenze, dove si sottopone a controlli gastrici e del colon (sua mamma aveva avuto una degenerazione al colon) con regolarità. Nel frattempo, sua figlia che all’epoca viveva in Francia, si sottopone a test genetico e scopre di essere anche lei portatrice della stessa variante CDH1. «Al suo rientro in Italia, a Padova nello specifico, decidiamo di farci seguire entrambe nello stesso centro in Veneto – racconta Simona -. Ed è lì che incontro il chirurgo che poi mi ha operata, il quale mi ha preso sotto la sua ala, spiegandomi il rischio che correvo e accompagnandomi verso la scelta della chirurgia profilattica allo stomaco».

Federico decide in poco tempo di sottoporsi all’intervento preventivo sullo stomaco, dopo aver terminato le terapie per il tumore mammario. «La genetista mi aveva informato sin dall’inizio dell’alto rischio di cancro gastrico, segnalandomi l’opportunità della chirurgia profilattica – racconta Federico -. Mi sono preso un po’ di tempo per pensarci, ho fatto anche delle ricerche su internet, ho preso contatto con un gruppo Facebook negli USA di persone che avevano gli stessi problemi, ho conosciuto la chirurga (che poi mi avrebbe operato in Spagna, a Barcellona), che mi ha chiarito i dubbi e mi ha messo in contatto con pazienti già operati. Alla fine sono giunto alla conclusione che la gastrectomia profilattica fosse l’unica soluzione e così a marzo scorso ho fatto l’intervento».

Vivere senza stomaco

Subire la resezione dello stomaco comporta numerosi adattamenti, fisici e psicologici. Come raccontano Simona e Federico, i primi mesi dopo l’operazione sono i più difficili: bisogna accettare la mancanza dell’organo, convivere con i tanti problemi che ne conseguono. Non solo, bisogna riuscire ad accettare la diversa percezione del proprio corpo legata alla malnutrizione e alla perdita di peso.

«Dopo l’intervento ho perso molti chili e ho avuto difficoltà nutrizionali, ma ora, a distanza di un anno, sto iniziando a trovare un nuovo equilibrio. Gli esami post-intervento hanno evidenziato la presenza di focolai di cancro gastrico, a conferma che ho fatto la scelta giusta, sebbene sia stata molto sofferta – racconta Simona -. Il centro piemontese, dove sono seguita ora, mi ha aiutato molto, dandomi preziose indicazioni e fornendomi integratori che mi danno energia e mi fanno stare meglio. Ho ripreso la mia vita e il mio lavoro, confrontandomi con nuovi limiti e nuove sfide. Ho fatto anche un percorso psicologico e ho avuto la fortuna di incontrare sulla mia strada tante persone che mi hanno dato forza e sostegno. Ho conosciuto Salvo Testa e sono entrata in contatto con il gruppo Facebook di Fondazione Mutagens, dove ho avuta la possibilità di conoscere e confrontarmi con persone con una storia simile alla mia, che mi sono servite da stimolo e mi hanno dato fiducia nel futuro».

«Sono passati solo cinque mesi da quando ho fatto l’intervento. L’esame istologico ha evidenziato due focolai di cancro, a conferma che la scelta fatta è servita davvero a prevenire la diffusione del cancro gastrico. Dopo i primi due mesi dall’operazione ho iniziato a vedere miglioramenti, ma non nego le grandi difficoltà che ho incontrato e ho tuttora. In questo periodo sto facendo i conti con grossi problemi nella gestione della glicemia. Durante una recente visita in Italia a trovare i miei familiari, ho avuto una seria crisi ipoglicemica e sono svenuto per strada. Per fortuna gli operatori del 118 che mi hanno soccorso erano stati preallertati da mia madre sulle mie condizioni e sono arrivati preparati. Purtroppo non ero stato adeguatamente informato su come comportarmi in situazioni simili, ma ora so come gestire queste problematiche comuni in chi non ha più lo stomaco. Anch’io ho trovato supporto nel gruppo Facebook e Whatsapp di Fondazione Mutagens. Ho condiviso la mia esperienza e sono stato rincuorato da chi ci era già passato. La paura di recidive, soprattutto per la mammella, non mi abbandona ma cerco di adattarmi alla nuova normalità» conclude Federico.

Antonella Sparvoli

© 2022 Fondazione Mutagens ETS. Tutti i diritti riservati.

Leggi altre notizie