Evoluzione in atto e prospettive future nelle terapie innovative per le sindromi ereditarie

La presenza nel DNA costituzionale di varianti patogenetiche (denominate “mutazioni germinali” nel linguaggio corrente) rappresenta il fattore determinante per la predisposizione a tumori di carattere ereditario nei loro portatori e nelle famiglie di appartenenza. Peraltro, è noto che spesso i tumori ereditari insorgono ad un’età più precoce rispetto a quelli sporadici e che talvolta essi si manifestano con fenotipi, cioè con caratteri morfologici, particolarmente aggressivi (carcinoma alla mammella triplo negativo, carcinoma ovarico sieroso di alto grado, carcinoma al colon giovanile, carcinoma alla prostata metastatico). La buona notizia degli ultimi dieci anni è che tali varianti patogenetiche sono diventate uno dei biomarcatori predittivi per l’accesso a terapie innovative estremamente efficaci, che fanno leva proprio sulle alterazioni genetiche: sia somatiche, cioè evidenti solo nelle cellule tumorali degli organi malati, sia germinali, cioè presenti in tutte le cellule dell’individuo, in quanto ereditate alla nascita dai propri genitori.

I PARP inibitori, a partire dai tumori all’ovaio avanzati nelle donne portatrici di varianti BRCA (una neoplasia severa con scarse possibilità di diagnosi precoce e in precedenza con modeste opportunità terapeutiche), sono stati i pionieri di tale nuova generazione di farmaci, aprendo una nuova era nella medicina personalizzata: il farmaco giusto per il paziente giusto al momento giusto, con l’intento di agire esclusivamente sulle cellule malate, salvaguardando il più possibile quelle sane. In particolare, i PARP inibitori consentono di impedire la replicazione delle cellule tumorali, in presenza di difetti del sistema di ricombinazione omologa (HRD).

Negli ultimi anni i PARP inibitori hanno dimostrato la loro efficacia per pazienti e ambiti terapeutici sempre più estesi, rispetto all’iniziale tumore all’ovaio in fase avanzata e ai soli portatori di varianti BRCA:

  • dopo l’ovaio, tali farmaci sono stati approvati dalle autorità regolatorie anche per il tumore alla mammella (a partire dal carcinoma triplo negativo che non beneficiava di altre opzioni terapeutiche dopo la chemioterapia), per quello del pancreas e per quello della prostata;
  • più di recente, specie per l’ovaio, si è riscontrato che gli effetti dei PARP inibitori sono significativi anche in presenza di sole mutazioni somatiche, oltre che di quelle germinali;
  • se i primi pazienti potevano accedere a tali farmaci solo a seguito di ripresa di malattia (in terza e in seconda linea), oggi i loro benefici sono evidenti anche in prima linea, dopo il primo ciclo di chemioterapia;
  • in aggiunta alla presenza di varianti BRCA si è confermata una buona risposta terapeutica anche su pazienti con uno spettro di “mutazioni” in altri geni del sistema di ricombinazione omologa: BRIP1, BARD1, CDK12, CHEK1, CHEK2, FANCL, PALB2, PPP2R2A, RAD51B, RAD51C, RAD51D, RAD54L;
  • si stanno rivelando estremamente promettenti le combinazioni di PARP inibitori e di immunoterapici, che consentono di ridurre la farmaco-resistenza e quindi di prolungare nel tempo l’efficacia delle terapie, grazie alla rimozione dei “blocchi immunitari” (check-point) indotti dal tumore;
  • in questo momento sono in corso centinaia di studi clinici per sperimentare le diverse combinazioni tra PARP inibitori e immunoterapia, su molteplici organi e su pazienti in diversi stadi di evoluzione della malattia.

In sintesi, i PARP inibitori, in monoterapia e in combinazione con farmaci immunoterapici, si stanno affermando come nuovo standard terapeutico per una classe di pazienti sempre più ampia e con risultati (sopravvivenza libera da progressione di malattia e sopravvivenza globale) sempre migliori, grazie all’affinamento della ricerca e della pratica clinica, oltre che all’ampliamento delle loro opportunità di utilizzo.

Più di recente l’immunoterapia si sta rivelando estremamente efficace anche per i tumori correlati alla sindrome di Lynch, che predispone un alto rischio di carcinoma del colon, dell’endometrio, dell’ovaio, della prostata, della vescica e dell’urotelio. Alcuni anni fa l’FDA approvò l’utilizzo di un farmaco immunoterapico anti PD-1, per pazienti adulti e pediatrici, con tumori solidi metastatici non resecabili, con progressione di malattia dopo il primo trattamento chemioterapico. Tale approvazione, che ha rappresentato una pietra miliare dell’oncologia, non si limitava ad una specifica sede di organo (colon o endometrio), ma considerava determinante ai fini del target terapeutico la presenza a livello molecolare di difetti del mismatch repair (MMR), tipici dei portatori della sindrome di Lynch: la prima approvazione agnostica di un farmaco rispetto alla sede di organo. Studi successivi hanno confermato l’efficacia dell’immunoterapia nei tumori avanzati con difetti del mismatch repair (dMMR) e con instabilità dei microsatelliti (MSI-H) anche in seconda e prima linea, cioè dopo il secondo e primo ciclo di chemioterapia.

Più di recente si sono testati gli inibitori del check-point immunitario anche su tumori resecabili (non metastatici) localmente avanzati. In particolare, su pazienti con carcinoma al colon, si è voluta verificare la rinuncia all’approccio tradizionale con immediata chirurgia e chemioterapia a favore di una terapia neo-adiuvante (prima della chirurgia), che ha dato risultati stupefacenti. In particolare, nei soggetti portatori di sindrome di Lynch la risposta terapeutica si è rivelata migliore rispetto ai pazienti con tumori sporadici. Ciò conferma che in tali soggetti non solo la risposta immunitaria è superiore, ma addirittura che nei tumori localizzati una terapia neo-adiuvante potrebbe rendere evitabile o almeno procrastinabile e meno demolitivo, il ricorso alla chirurgia tradizionale, con evidenti impatti positivi per i pazienti e la loro qualità di vita. 

Anche nel carcinoma dell’endometrio, per le donne portatrici della sindrome di Lynch, sono stati approvati di recente farmaci immunoterapici che si stanno rivelando molto efficaci, in buona parte gli stessi già sperimentati sul carcinoma del colon e con lo stesso meccanismo di funzionamento. Questi nuovi farmaci stanno mettendo in discussione modelli terapeutici consolidati e rendono sempre più evidente che la caratterizzazione molecolare e genetica dei tumori e dei pazienti produrrà una differenziazione crescente negli approcci terapeutici complessivi (chirurgia e terapie oncologiche). Emerge, in particolare, la necessità di una diagnosi dei tumori sempre più articolata e anticipata, anche per evitare interventi e/o terapie inutili o addirittura controproducenti per i pazienti. 

Inoltre, per la sindrome di Lynch, si stanno raccogliendo dati sempre più significativi sui benefici della farmaco-prevenzione (aspirina a piccole dosi), sia per i soggetti già malati sia per quelli ancora sani a rischio di tumore al colon. In tal caso, quindi, alla cura dei tumori si aggiunge anche quella della prevenzione primaria, volta ad impedirne la insorgenza o almeno a ridurne il rischio nei soggetti con tale predisposizione genetica.

Oltre alle novità sulle due alterazioni genetiche più diffuse (HBOC-HRD e LYNCH-MMR) la ricerca sta producendo risultati interessanti anche su altre sindromi ereditarie più rare:

  • inibitori HIF per i soggetti con sindrome Von Hippel-Lindau, associata a tumori renali, alla ghiandola surrenale, alla testa e al collo, al pancreas, al fegato, agli organi riproduttivi;
  • Inibitori RET per i soggetti con sindrome MEN (Multiple Endocrine Neoplasia), associata a tumori delle ghiandole endocrine (tiroide e reni).

Ulteriori ricerche sono in corso per approfondire meglio quali pazienti e con quali caratteristiche molecolari e genetiche possano beneficiare di approcci terapeutici personalizzati, oltre che per esplorare altre varianti patogenetiche germinali che possano diventare nuovi target terapeutici. Inoltre, si sta cercando di comprendere più a fondo il meccanismo di resistenza a tali terapie, in modo da selezionare delle combinazioni di farmaci in grado di prolungarne ulteriormente l’efficacia.

Se questo è lo scenario evolutivo già in atto nuove opportunità si vedono all’orizzonte nel campo dei vaccini anticancro a mRNA. Grazie anche ai formidabili progressi ottenuti con i vaccini anticovid-19, la comunità scientifica considera tale tecnologia la più promettente per compiere un ulteriore salto di qualità nella lotta contro i tumori. Sono in corso sperimentazioni di vaccini anticancro terapeutici, cioè destinati a soggetti già malati, in grado di attivare una risposta immunitaria personalizzata, sulle specifiche caratteristiche tumorali del singolo paziente o di cluster di pazienti con fenotipi tumorali simili. Non solo, proprio i soggetti portatori di sindromi ereditarie (HBOC-BRCA e LYNCH in particolare) sono già stati selezionati per le prime sperimentazioni di vaccini anticancro per soggetti asintomatici ad alto rischio di malattia. In tal caso questi soggetti sono di grande interesse per la ricerca, sia per la presenza di una correlazione diretta tra tumori e alterazioni genetiche, sia per la maggiore facilità di identificare un numero ristretto di antigeni tumorali, correlati ai fenotipi maggiormente presenti in tale popolazione. Certamente ci vorrà ancora del tempo per rendere accessibili i vaccini anticancro ai portatori di sindromi ereditarie, ma i forti progressi di tale ambito terapeutico inducono un cauto ottimismo, oltre che una speranza concreta per tante famiglie ad alto rischio.

Lo scenario delineato fa comprendere l’importanza di un approccio integrato di sanità pubblica sui soggetti portatori di sindromi ereditarie, con la messa a sistema di una serie di misure che vanno dalla diagnosi molecolare, all’approccio terapeutico, alla prevenzione, sia per i soggetti malati sia per quelli sani ad alto rischio. La Fondazione Mutagens è fortemente impegnata su questo fronte, con una prospettiva di breve, medio e lungo termine. In questo momento siamo impegnati su un’iniziativa di grande rilievo, denominata PRECISION-ERE, volta ad accelerare l’utilizzo dei Test NGS (con la doppia finalità terapeutica e di identificazione dei soggetti portatori) nei pazienti con tumori ereditari, a partire da mammella, ovaio, prostata, colon-retto ed endometrio. Tale iniziativa, realizzata con la collaborazione di Deloitte Health & Lifescience, coinvolge le principali società scientifiche, altre organizzazioni di pazienti, le strutture ospedaliere primarie e le istituzioni sanitarie nazionali e regionali. In particolare, si pone l’obiettivo di definire e condividere un modello di governance multidisciplinare chiaro e tempestivo nella gestione dei tumori ereditari. Inoltre, si vuole favorire, sempre per tali pazienti, la creazione di un coordinamento regionale e nazionale dei Molecolar Tumor Board, volto a permettere il confronto delle esperienze e la raccolta di dati su cui sarà possibile nel tempo migliorare sia la diagnostica sia le terapie innovative. Un ultimo obiettivo è di ottenere dal legislatore risorse adeguate in tutte le regioni per l’impiego dei Test NGS somatici e di quelli genetici per i pazienti con tumori ereditari, a partire dalle sedi di organo per i quali sia già prevista una rimborsabilità per i farmaci a loro destinati. 

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