Tumore del polmone: scoperte alcune mutazioni che causano resistenza all’immunoterapia

tumore alla prostata screening personalizzato

Aumenta l’importanza dei test genomici per conoscere le alterazioni molecolari delle neoplasie e definire percorsi terapeutici personalizzati. I risultati di un nuovo studio, pubblicato su Annals of Oncology, focalizzato sull’adenocarcinoma polmonare

Sono sempre più numerosi i tumori che possono essere trattati con l’immunoterapia. Negli ultimi anni questo approccio terapeutico, che riesce a potenziare la risposta del sistema immunitario, ha permesso di raggiungere risultati sorprendenti anche nei tumori polmonari. Una discreta quota di pazienti con tumori del polmone, che in precedenza avevano una prognosi negativa, rispondono all’immunoterapia con inibitori di PD-1/PD-L1 e diventano lungo sopravviventi. Peccato però che non tutti i pazienti possano beneficiare di questo approccio, come rivela un recente studio italiano pubblicato su Annals of Oncology (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32866624/), condotto da ricercatori dell’Istituto nazionale dei tumori Regina Elena di Roma, in collaborazione con il Polo Oncologico dell’Università Sapienza di Roma.

Non rispondenti

Nello studio italiano sono state analizzate le risposte cliniche di centinaia di pazienti trattati, sia in Italia sia in altre parti del mondo, con immunoterapia anti-PD-1 o anti-PD-L1. Inoltre sono stati raccolti numerosi dati genomici e immunologici in grado di caratterizzare i tumori analizzati. Ebbene i ricercatori, guidati da Marcello Maugeri-Saccà della Divisione di Oncologia Medica 2 dell’Irccs Regina Elena, hanno rilevato che un sottogruppo di pazienti con adenocarcinomi polmonari con mutazioni contemporanee nei geni KEAP1, PBRM1, SMARCA4 e STK11, è particolarmente svantaggiato perché ha un basso indice di sopravvivenza ed è resistente all’immunoterapia. Si tratta del 10 per cento circa di tutti i soggetti con adenocarcinoma polmonare, un numero importante se si considera che in Italia le nuove diagnosi sono almeno 42 mila l’anno. L’identificare a priori questi pazienti sarebbe molto importante, sostengono gli autori, perché consentirebbe non solo di evitare di sottoporli inutilmente a una terapia che non sortisce effetti ed è comunque gravata da effetti collaterali, ma anche di studiare i meccanismi di resistenza, senza contare il risparmio per il sistema sanitario nazionale.

Le ricadute

Gli autori della ricerca fanno notare che sebbene non sia ancora chiaro perché alcuni adenocarcinomi polmonari non rispondano all’immunoterapia, nonostante mostrino un alto livello mutazionale, è importante riuscire a identificarli così come continuare a studiare i possibili meccanismi coinvolti nell’ottica di affinare ulteriormente le armi terapeutiche per identificare e combatterne le forme più aggressive. La scoperta di un pattern di mutazioni associate alla resistenza all’immunoterapia apre la strada alla realizzazione di un test diagnostico predittivo capace di individuare in anticipo i pazienti che non possono beneficiarne, anche se occorreranno ulteriori investimenti e ricerche per validarne l’efficacia.

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