Tumore al seno BRCA mutato: asportare le ovaie migliora la sopravvivenza

La rimozione di tube e ovaie in donne con mutazioni germinali in geni di suscettibilità al cancro, sottoposte all’intervento chirurgico per il carcinoma mammario, riduce la mortalità. Lo rivela uno studio dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano su quasi 500 pazienti operate in un arco di tempo di quasi 50 anni

L’asportazione preventiva di tube e ovaie nelle donne che presentano mutazioni germinali nei geni di suscettibilità al cancro BRCA1 o BRCA2 e sono state operate per un cancro mammario, permette di ridurre in modo significativo la mortalità. A rivelarlo in modo chiaro è uno studio italiano, condotto all’Istituto nazionale dei tumori di Milano e pubblicato di recente sulla rivista Jama Surgery. Ne parliamo con Gabriele Martelli, oncologo e chirurgo senologo della Chirurgia Generale oncologica 3 dell’Istituto milanese e primo autore dello studio.

Lo studio

«Il nuovo studio è stato condotto su 480 pazienti che hanno subito un intervento chirurgico (quadrantectomia o mastectomia) per cancro al seno presso l’Istituto dei tumori di Milano in un arco di tempo di quasi 50 anni, in particolare tra il 1972 e il 2019. Il periodo di osservazione è stato dunque veramente notevole» premette Martelli.

Ben 290 pazienti (60,4%) presentavano una mutazione del gene BRCA1 e 90 (39,6%) del gene BRCA2. Poiché la correlazione tra tumore al seno e le mutazioni BRCA è stata scoperta solo negli anni Novanta, molte di queste donne hanno saputo solo successivamente di essere portatrici di una mutazione germinale BRCA, anche 20 anni dopo la diagnosi di tumore in seguito all’esecuzione del test genetico.

Tutte le donne selezionate per lo studio avevano avuto un tumore al seno in stadio iniziale in una sola mammella, non si erano mai ammalate prima di nessun altro tipo di cancro, e non avevano subito la salpingovariectomia profilattica in precedenza (ovvero la rimozione di tube ed ovaie).

Gabriele Martelli

Si muore più per l’ovaio che per la mammella

I dati raccolti mostrano che nelle donne con mutazioni nei geni BRCA operate di tumore al seno e non sottoposte all’intervento di rimozione di tube e ovaie, la mortalità per il tumore ovarico è decisamente superiore a quella mammaria. «Diversamente l’asportazione preventiva di ovaie e tube, oltre a proteggere dal carcinoma ovarico, determina un significativo miglioramento della sopravvivenza nelle donne operate di tumore mammario» puntualizza Martelli.

Mentre le attuali linee guida consigliano la salpingovariectomia profilattica dopo i 42 anni per le donne con mutazioni BRCA1, dallo studio è emerso che il 10% di queste donne ha manifestato il cancro ovarico sotto i 40 anni, con una mortalità per questa malattia superiore al 60%. «Delle 300 pazienti sottoposte alla chirurgia ovarica profilattica, sei presentavano un tumore ovarico in stadio molto iniziale: l’intervento preventivo ha salvato la vita di queste pazienti che non hanno nemmeno dovuto sottoporsi ad altre cure» aggiunge l’esperto.

Anticipare l’asportazione di tube e ovaie per BRCA1

Purtroppo oggi non esiste una valida strategia di screening per il tumore ovarico. Non è infatti possibile diagnosticare precocemente questo tumore aggressivo, che tende a diffondersi silenziosamente nel peritoneo. «La salpingovariectomia è l’unica strategia che permette di diminuire la mortalità. Alla luce di questi nuovi dati, in particolare per le pazienti con mutazione BRCA1, andrebbe presa seriamente in considerazione l’opportunità di eseguire la chirurgia profilattica sull’ovaio già a partire dai 35 anni di età (se non addirittura prima). In queste donne, che magari non hanno ancora avuto figli, il congelamento degli ovociti potrebbe essere una buona soluzione per poterne avere successivamente».

Diversamente nelle donne con mutazioni BRCA2, nelle quali il range di età di insorgenza del tumore ovarico è nella fase menopausale, rimangono valide le attuali raccomandazioni a eseguire l’intervento profilattico sopra i 42 anni (tra i 40 e i 45 anni secondo le attuali linee guida).

Chirurgia ovarica profilattica e cancro al seno triplo negativo

Un altro dato rilevante emerso dallo studio riguarda il tumore al seno triplo negativo. La salpingovariectomia ha dimostrato di poter ridurre in modo significativo anche la mortalità per questa forma particolarmente aggressiva di cancro mammario.

«Nello specifico i nostri dati mostrano che il 98% delle donne che si sono sottoposte a una quadrantectomia o alla mastectomia per il carcinoma midollare della mammella, che è un tumore triplo negativo, nell’arco dei diversi anni di follow-up ha manifestato il tumore ovarico e il 70% è deceduta a causa di questa neoplasia. Questa osservazione sottolinea ulteriormente l’importanza di rimuovere tube e ovaie nelle pazienti con tumore mammario midollare» sostiene Martelli.

Mastectomia profilattica

Diversamente dalla salpingovariectomia, la mastectomia profilattica del seno controlaterale sano o di quello su cui era stata eseguita inizialmente solo la quadrantectomia, non sembrerebbe offrire benefici sul fronte della sopravvivenza. «I nostri dati ribadiscono la necessità di personalizzare la mastectomia profilattica e proporla in base al profilo molecolare e alle caratteristiche del tumore mammario. Se la neoplasia è aggressiva con rischio di metastasi, rimuovere l’altra mammella non modifica l’aspettativa di vita della paziente. L’indicazione e la scelta dipendono quindi innanzitutto dalla storia e dall’età della paziente in base alle caratteristiche prognostiche del tumore. Bisogna personalizzare la mastectomia profilattica e proporla, per esempio, a donne che hanno un tumore mammario in situ, che non può dare metastasi, oppure in presenza di un tumore che ha risposto bene alla chemioterapia, dopo lunghi intervalli senza malattia» conclude Martelli

Antonella Sparvoli

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