Tumore al pancreas: screening nei pazienti a rischio

L’individuazione e la sorveglianza dei soggetti a rischio eredo-familiare aiuta a diagnosticare il cancro pancreatico in uno stadio precoce con una prognosi migliore, come suggerisce un recente studio italiano

Quello del pancreas è un tumore complesso da diagnosticare e da curare, soprattutto se viene scoperto in fase avanzata. Proprio per questo motivo la ricerca è molto attiva sul fronte della diagnosi precoce, oltre che su quello delle terapie. Negli ultimi anni si stanno aprendo importanti scenari per alcune categorie di persone che sono più a rischio di sviluppare tale tumore perché appartengono a famiglie dove sono presenti più casi di questa neoplasia o perché sono portatrici di mutazioni costituzionali (o germinali, ovvero presenti alla nascita in quanto ereditate dai genitori) coinvolte nello sviluppo del tumore pancreatico. In questi soggetti ad alto rischio uno screening personalizzato con la risonanza magnetica (RMN) e/o l’ecoendoscopia (EUS) permette diagnosi più precoci di tumori al pancreas e una migliore sopravvivenza. Lo segnala uno studio recentemente pubblicato sull’American Journal of Gastroenterology, nato da una collaborazione di più centri italiani, a cui hanno partecipato, tra gli altri, l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas (referente Silvia Carrara), il Pancreas Center dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano (referente Gabriele Capurso) e l’Istituto del Pancreas dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona (referente Salvatore Paiella). Approfondiamo il tema con Silvia Carrara, una delle autrici della ricerca, oltre che responsabile del Programma di Ecoendoscopia dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas, docente di Humanitas University e presidente dell’Associazione Italiana per lo Studio del Pancreas (AISP).

Silvia Carrara

I soggetti ad alto rischio

La sorveglianza del cancro del pancreas negli individui ad alto rischio si sta diffondendo in tutto il mondo, con l’obiettivo di anticipare la diagnosi del tumore. 

Nel 2015 l’AISP ha creato il Registro italiano multicentrico di sorveglianza prospettica dei soggetti a rischio genetico di cancro del pancreas che raccoglie i dati di due categorie di persone a rischio: quelle con familiarità per questa neoplasia (più casi in famiglia) e quelle con predisposizione genetica perché portatrici di mutazioni germinali in geni di suscettibilità al cancro, associate anche al tumore al pancreas. Tra questi geni di suscettibilità per il tumore al pancreas rientrano i ben noti BRCA 1 e BRCA2, CDKN2A (gene coinvolto nel melanoma familiare ma anche nel cancro del pancreas) e i geni coinvolti in altre sindromi ereditarie, come la sindrome di Peutz-Jeghers (STK11) e la pancreatite ereditaria.

«Nello studio appena pubblicato ci siamo concentrati sugli individui con familiarità o mutazioni germinali, arruolati nel registro, con un follow-up di almeno 3 anni, i quali sono stati sottoposti a un protocollo di sorveglianza con risonanza magnetica e/o ecoendoscopia una volta l’anno» puntualizza Carrara.

Il protocollo di sorveglianza

L’ecoendoscopia ha delle analogie con la gastroscopia, ma sulla punta dello strumento endoscopico è presente anche una sonda ecografica miniaturizzata. In pratica attraverso lo stomaco ed il duodeno si fa un’ecografia al pancreas, che è “appoggiato” dietro, ed è possibile fare anche biopsie con un ago sottile. La risonanza magnetica è un esame meno invasivo, che non consente l’esecuzione di biopsie, ma ha il pregio di valutare tutto l’addome e quindi di poter evidenziare anche eventuali anomalie in altri distretti.

«Il protocollo di screening per i soggetti ad alto rischio non prevede rigidità nel ricorrere a un’indagine piuttosto che all’altra – continua Carrara -. Tendenzialmente i pazienti prediligono la meno invasiva risonanza magnetica, tuttavia se sussistono dubbi o si riscontra qualche anomalia si esegue, a stretto giro, anche l’ecoendoscopia che permette l’esecuzione di biopsie. Inoltre nei soggetti portatori di mutazioni germinali tendiamo a fare entrambi gli esami. Dagli studi più recenti emerge infatti come l’integrazione delle due procedure sia la strategia migliore in alcuni sottogruppi».

I risultati dello screening

Lo studio italiano ha dimostrato che, attraverso lo screening condotto in 18 centri italiani, nei 156 soggetti sorvegliati per tre anni consecutivi sono stati identificati otto tumori del pancreas e una lesione precancerosa. Degli 8 pazienti con tumore, 5 erano portatori di mutazioni a livello di geni coinvolti nello sviluppo di tumore del pancreas, le cosiddette varianti patogenetiche. «I tumori identificati erano in fase precoce, e quindi resecabili chirurgicamente, nel 60% dei casi. Questo per noi è un grande risultato considerando che, al momento della diagnosi, nella popolazione generale il tumore è resecabile solo in circa il 15% dei soggetti. Tra l’altro coloro che avevano un tumore non resecabile (localmente avanzato), lo avevano già all’inizio dello screening, quindi al momento dell’ingresso nello studio al primo controllo. Gli altri tumori invece sono stati identificati nel corso dello screening, anche grazie alla presenza di un team multidisciplinare. Il confronto tra i diversi esperti e l’interdisciplinarità ha infatti contribuito a identificare lesioni precoci e a trattarle nel migliore dei modi» riferisce Carrara.

Lo studio di profilazione genetica

Allo stato attuale, il registro IRFARPC raccoglie dati anamnestici e relativi allo screening radiologico e/o ecoendoscopico, ma non prevede l’esecuzione di una profilazione genetica standardizzata. Per stratificare con maggior precisione il rischio di tumore al pancreas e personalizzare ancora di più la sorveglianza, è ora in corso un altro studio, denominato PROPH-ITA (Familial pancreatic cancer PROPHilation program in Italy) che ha l’obiettivo di fare una profilazione genetica tramite tampone salivare dei soggetti con familiarità per carcinoma pancreatico, facenti parte del Registro italiano delle famiglie a rischio di tumore del pancreas.

«Gli studi pubblicati finora indicano che la sottopopolazione di mutati all’interno del registro è quella più a rischio di cancro al pancreas e che va quindi seguita con maggiore attenzione. Chi presenta solo familiarità può verosimilmente essere sottoposto a controlli meno rigidi rispetto a come stiamo facendo. D’altra parte oggi non sappiamo se tra i soggetti con familiarità si “nasconda” qualche mutato, motivo per cui è stato avviato lo studio di profilazione genetica di tali individui. Ciò è stato reso possibile da due associazioni pazienti, la Fondazione Nadia Valsecchi e Oltre la Ricerca, che ci hanno dato sostegno nel promuovere il registro e un importante contributo economico per fare i tamponi salivari genetici ai soggetti che rientrano nel gruppo cancro pancreas familiare e non erano mai stati testati da un punto di vista genetico. Tutto ciò a costo zero per la persona arruolata; un bellissimo esempio di collaborazione fra associazioni pazienti ed associazione scientifica, e le nostre pubblicazioni dimostrano che la ricerca scientifica, se coltivata con cura, porta a risultati importanti per la salute dei pazienti» spiega Carrara.

Le ricadute per il paziente e i familiari

«In pratica quando le persone con familiarità si recano in ospedale per il controllo annuale vengono sottoposte al tampone salivare, mediante il quale è prevista l’esecuzione di un pannello di 41 geni di predisposizione al tumore al pancreas. Il passo successivo, in coloro in cui venisse rilevata una mutazione, è la consulenza genetica in telemedicina, con l’obiettivo di dare delle spiegazioni al paziente e avviarlo a percorsi specifici di sorveglianza sia sul tumore al pancreas sia su eventuali altri tumori associati alla mutazione identificata» continua l’esperta. Per esempio le mutazioni nei geni BRCA espongono anche a tumori mammari, ovarici e della prostata, oltre che al pancreas.

Inoltre, l’intercettazione di mutazioni nei soggetti con familiarità può avere un impatto sia sull’individuo stesso sia sui suoi familiari con i test genetici a cascata su indicazione del genetista.

«Le informazioni che raccoglieremo con la profilazione genetica dei soggetti con familiarità saranno utili per quantificare il rischio di cancerogenesi pancreatica e non pancreatica, oltre che per identificare soggetti a rischio neoplastico da indirizzare a consulenza genetica. Ma i dati raccolti potrebbero servire anche per ulteriori altri studi legati alla creazione di programmi di sorveglianza personalizzati e all’implementazione delle informazioni per i familiari con alto rischio di sviluppare tumore al pancreas o altre neoplasie» conclude Carrara.


Antonella Sparvoli

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