Terapia CAR-T anche per i tumori solidi

Uno studio pubblicato su Scienze Translational Medicine rivela che l’innovativa terapia CAR-T ha promettenti applicazioni anche nei bambini con neuroblastoma

Utilizzata con successo in certe forme particolarmente resistenti di tumori del sangue, la terapia CAR-T sta mostrando risultati promettenti anche per alcuni tumori solidi, tra cui il neuroblastoma, una neoplasia del sistema nervoso periferico dell’età pediatrica. Nuovi dati incoraggianti sono stati raccolti da alcuni ricercatori dell’University College London e pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine (Antitumor activity without on-target off-tumor toxicity of GD2–chimeric antigen receptor T cells in patients with neuroblastoma | Science Translational Medicine (sciencemag.org). Nello studio sono stati presi in considerazione 12 bambini con una forma di neuroblastoma che non risponde alle cure standard e causa recidive.

Il trattamento in sperimentazione

La CAR-T è una terapia cellulare sperimentale, destinata di solito a pazienti con tumori giunti a stadi molto avanzati, che prevede il prelievo dei linfociti T del malato (i principali artefici della risposta immunitaria contro la neoplasia), che vengono rimaneggiati in laboratorio in modo tale da renderli capaci di riconoscere in modo selettivo le cellule tumorali. In pratica, tramite un virus non patogeno, viene introdotto nei linfociti T un gene che produce un recettore, chiamato CAR (chimeric antigen receptor), che riconosce una proteina espressa sulle cellule cancerose. I linfociti così rimaneggiati e potenziati vengono reinfusi nel paziente e cominciano la loro battaglia contro il tumore.
Nel caso del neuroblastoma. i linfociti T sono stati modificati per avere come bersaglio la proteina di superficie GD2, che risulta molto abbondante in pressoché tutte le forme di questo tumore del sistema nervoso periferico, mentre è espressa a livelli molto bassi nelle cellule sane.
Gli autori dello studio hanno visto che usando una dose sufficiente di cellule CAR-T modificate, è possibile indurre una rapida risposta con riduzione delle dimensioni del tumore in alcuni dei pazienti trattati, anche se con effetti transitori. Comunque il nuovo approccio, che può avere complicanze molto gravi, non ha causato in nessuno dei pazienti effetti indesiderati pericolosi nelle cellule sane che esprimono la molecola GD2.
“Il trattamento del neuroblastoma con cellule CAR-T mirate contro GD2 sembra una strategia valida e sicura, ma sono necessarie alcune modifiche per promuove una maggiore durata nel tempo degli effetti positivi sul tumore – osserva Martin Pule, coordinatore dello studio del Cancer Institute dell’University College London -. I risultati preliminari sono incoraggianti, soprattutto per l’importante dato sulla sicurezza. Stiamo già programmando i passi successivi da compiere per sviluppare un trattamento efficace e con risultati persistenti”.

Neuroblastoma

Il neuroblastoma è il tumore più comune della prima infanzia e il più frequente tumore solido extracranico in età pediatrica. In genere si tratta di un tumore sporadico, ma nell’1-2 per cento dei casi è evidente una familiarità. La forma ereditaria è associata ad alterazioni di ALK o PHOX2B, geni implicati nella maturazione delle cellule nervose. Modifiche nella struttura o nel numero di questi e altri geni (MYCN, NTRK1 o ATRX) possono insorgere spontaneamente e per ragioni casuali nelle prime fasi dello sviluppo del bambino, e dare origine al tumore. Spesso il neuroblastoma si manifesta inizialmente a livello delle ghiandole surrenali, ma può anche svilupparsi nei gangli nervosi presenti nell’addome e in quelli che si trovano lungo la colonna vertebrale a livello del collo e del torace o a livello pelvico.

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