Stili di vita e prevenzione del cancro nei soggetti portatori di sindromi ereditarie

Fin dagli anni ’50-60’ la ricerca scientifica ipotizzava che il cancro avesse una componente ambientale e che, in particolare, la dieta e lo stile di vita potessero essere tra le possibili cause nell’insorgenza di tumori. Più di recente il Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro ha potuto dimostrare, su un’ampia base di dati e studi a livello internazionale, l’esistenza di un rapporto diretto tra alimentazione, attività fisica e tumori. Di conseguenza sono state definite e diffuse alcune raccomandazioni volte a ridurre i rischi di cancro in tutta la popolazione. Il presupposto di tali raccomandazioni è che la sedentarietà e l’assunzione di cibi ad elevato contenuto calorico costituiscano la causa fondamentale di sovrappeso e obesità, condizioni che negli ultimi decenni hanno prodotto un aumento preoccupante dell’incidenza dei tumori, specie nei paesi occidentali più progrediti, dove sono maggiormente diffuse pratiche alimentari poco sane,  come fast food e cibi conservati. Tali raccomandazioni riguardano l’attività fisica quotidiana, la rinuncia al fumo e alle bevande zuccherine, la limitazione del consumo di alcol e carne rossa, l’aumento dell’assunzione di cereali, frutta, verdura e legumi e l’allattamento al seno. Quest’ultimo viene suggerito come strategia di prevenzione per il cancro della mammella e dell’utero per la mamma, ma anche per la buona salute futura del neonato. Ormai è appurato che la dieta mediterranea, grazie all’abbondante consumo di frutta e verdure fresche, di alimenti di origine vegetale (come l’olio di oliva, un vero toccasana), di farine integrali, costituisca un forte fattore di protezione verso diversi tipi di tumore. Lo stesso Alberto Mantovani, in una recente pubblicazione  – Il fuoco interiore – ha evidenziato la correlazione tra sana alimentazione, attività fisica e sistema immunitario, grazie a complessi meccanismi di riduzione e contenimento dei processi di infiammazione a livello cellulare, che possono nel tempo creare le condizioni favorevoli allo sviluppo del cancro. Inoltre è risaputo che il sovrappeso e l’obesità rappresentino fattori di rischio non solo per i tumori ma anche per altre gravi patologie croniche e degenerative: malattie neurologiche, cardiovascolari, metaboliche e altre in forte crescita come la steatosi epatica – il cosiddetto “fegato grasso” -, che può sfociare in epatite, cirrosi epatica e cancro epatico. Il Piano Europeo di Lotta contro il Cancro, approvato nel 2021, sottolinea che oltre il 40% dei tumori siano “prevenibili” e che una buona parte di essi possa essere ridotto proprio grazie alla dieta e alla attività fisica. Con il Piano Europeo gli Stati Membri si sono impegnati nei prossimi anni a promuovere incentivi a vari livelli per favorire stili di vita adeguati e per ridurre le disuguaglianze esistenti negli strati di popolazione a più basso reddito e cultura. Un’attenzione particolare è stata sollecitata sulla dieta di bambini e adolescenti all’interno delle mense scolastiche. Tali raccomandazioni si estendono ovviamente anche a chi ha già incontrato la malattia, che in misura ancora maggiore dovrebbe mantenersi in piena salute, specie attraverso la dieta e l’attività fisica. Se per la popolazione normale sana e gli stessi malati di cancro con tumori di tipo sporadico (la stragrande maggioranza) è importante, ai fini della prevenzione, assumere tali comportamenti, la questione diventa ancora più critica, se non addirittura vitale, per i soggetti ad alto rischio, nei quali esiste una predisposizione genetica di incorrere in uno o più tumori nell’arco della vita. Anche in questo ambito specifico sono in corso da alcuni anni studi e sperimentazioni cliniche volti non solo a dimostrare la correlazione tra stili di vita e malattia in soggetti portatori di sindromi ereditarie ma anche a definire protocolli di dieta e di attività fisica personalizzati sulle esigenze di tale specifica popolazione e dei singoli soggetti. Oltre al benessere fisico anche quello psichico può contribuire a prevenire tumori e altre patologie. Pare infatti – si legga ad esempio il libro innovativo di Immaculata De Vivo e Daniel Lumera, Biologia della Gentilezza – che esista una correlazione tra lo stress cronico e l’indebolimento del sistema immunitario, a sua volta tra le cause dell’insorgenza di alcuni tumori, come già detto. In sintesi, per affrontare efficacemente il tema della prevenzione dei tumori, specie nei soggetti ad alto rischio genetico, occorre dotarsi di un approccio olistico, che consenta di intervenire su tutte le componenti del benessere fisico e mentale delle persone. Oggi più che in passato bisogna investire sulla prevenzione oltre che sulla cura dei tumori, sia per migliorare la qualità della vita delle persone sia per ridurre sensibilmente i costi a carico del sistema sanitario. La Fondazione Mutagens, tra le diverse aree di intervento – nell’ambito sia della ricerca sia della presa in carico clinica – sta collaborando con alcuni istituti primari anche in questo ambito specifico degli stili di vita: alimentazione, attività fisica, benessere mentale, relazionale e affettivo. Anzi, per certi versi tale filone è ancora più importante per una Organizzazione di Pazienti, poichè la prevenzione li vede ancora più protagonisti della propria salute di quanto non succeda con le terapie, nelle quali l’intervento dei medici è indispensabile. E’ proprio sul terreno della prevenzione che può essere valorizzato al massimo il coinvolgimento attivo e l’empowerment dei pazienti, uno dei pilastri della missione di Mutagens.

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