Sindromi ereditarie: oncofertilità e crioconservazione dei gameti

Mutagens, con il supporto di clinici e giuristi, sta elaborando un Position Statement che offra linee guida per la pianificazione della genitorialità per le coppie portatrici di sindromi ereditarie associate a un rischio maggiore di sviluppare tumori. Ne parliamo con Edgardo Somigliana, direttore Centro di Procreazione Medicalmente Assistita della Clinica Mangiagalli di Milano e membro del Comitato scientifico di Mutagens, e con Maria Paola Costantini, avvocato di diritto sanitario, patrocinante in Cassazione, esperta di PMA e di PGT-M, coordinatrice del Team legale di Mutagens

Uno dei temi di maggiore interesse per le coppie (e le singole persone) in cui sia presente una variante patogenetica costituzionale associata a un rischio elevato di sviluppare tumori eredo-familiari, riguarda la consulenza sulla procreazione. Questo importante argomento riguarda non solo la persona portatrice della mutazione germinale al momento della diagnosi di cancro, ma anche i soggetti sani ad altro rischio nell’ottica di intraprendete un percorso per la preservazione della fertilità prima dell’eventuale sviluppo del tumore. Senza contare che spesso, soprattutto nel caso delle donne, questi soggetti sani a rischio hanno bisogno di sottoporsi il prima possibile a interventi profilattici su organi riproduttivi (utero, ovaio, mammella), con la necessità di una adeguata e tempestiva pianificazione del proprio percorso riproduttivo.

Ad oggi non esistono protocolli e percorsi clinici ben definiti e tantomeno un quadro normativo chiaro per questa specifica popolazione ad alto rischio di malattia, motivo per cui questo è uno degli ambiti in cui si sta impegnando Mutagens. Attualmente è in fase di elaborazione un Position Statement, che l’associazione sta mettendo a punto con la collaborazione di un Team interdisciplinare composto da clinici (ginecologi, andrologi, oncologi, genetisti, esperti di embriologia e di procreazione medicalmente assistita) e giuristi, con esperienza specifica nell’ambito della legislazione e normativa legate alla riproduzione, alla preservazione della fertilità, alle metodiche di procreazione medicalmente assistite (PMA) e di test genetici pre-impianto per malattie monogeniche (PGT-M).

Approfondiamo questo tema spinoso con l’aiuto di due degli esperti che si stanno battendo con Mutagens: Edgardo Somigliana, direttore Centro di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) della Fondazione Cà Granda Ospedale Maggiore di Milano (Clinica Mangiagalli), oltre che membro del Comitato scientifico di Mutagens, e Maria Paola Costantini, avvocato di diritto sanitario, patrocinante in Cassazione, esperta di PMA e di PGT-M, coordinatrice del gruppo di legali del Team interdisciplinare di Mutagens.

Dottor Somigliana perché è importante preservare la capacità riproduttiva delle donne con sindromi eredo-familiari?

Concettualmente la fertilità può essere compromessa dalla necessità di terapie oncologiche (chemioterapia, radioterapia, chirurgia ginecologica). Per questo motivo oggi si cerca, nel momento della diagnosi, di dare un’opportunità in più ai pazienti. Se per esempio viene diagnosticato un tumore che necessita della chemioterapia, si cerca prima di tutto di scegliere quella meno tossica possibile, poi di accompagnarla a farmaci che diminuiscono il danno e quindi di congelare gli ovociti o gli spermatozoi per avere la possibilità di usarli eventualmente in futuro per avere dei figli.

La peculiarità dei pazienti portatori di anomalie genetiche è che, di fatto, si sa in anticipo che le possibilità di sviluppare un tumore sono elevate. In alcuni casi è abbastanza precisa la frequenza e l’età a cui il paziente ha un rischio maggiore di sviluppare la malattia.

Le tecniche per il congelamento degli ovociti non sono tecniche eccezionali in termini di resa perché anche la fecondazione in vitro non è molto efficace. La possibilità di avere bambini dipende essenzialmente da due fattori: la quantità e la qualità degli ovociti. La qualità è per lo più data dall’età: quanto più si è giovani tanto migliore è la qualità. La quantità è dovuta in parte dall’età (quanto maggiore è l’età tanti meno ovociti si possono recuperare) e dal fatto di poter fare più di un tentativo. Il problema è che quando si prende in considerazione la possibilità di congelare gli ovociti al momento della diagnosi di tumore, se va bene, si riesce a fare un unico tentativo. Sapere in anticipo di essere a rischio elevato di tumore, può mettere nelle condizioni di fare più tentativi di congelamento e per altro di farli magari in un’età più giovane con maggiori possibilità di successo in un momento successivo.

Dottor Somigliana come è nato il sodalizio con Mutagens?

L’idea di Mutagens è quella di aiutare le persone con mutazioni germinali associate a sindromi eredo-familiari in tutti i modi e in tutte le fasi della loro vita. La nostra idea, nell’ambito specifico dell’oncofertilità e in particolare della criocoservazione dei gameti, è quella di accompagnare i pazienti in questo percorso difficile anche dal punto vista esistenziale, offrendo la possibilità di scegliere. Non vogliamo invitare tutte le donne a congelare gli ovociti, ma solo offrire loro un’opportunità, la possibilità di fare una scelta consapevole. Ci sono pazienti che, una volta informati sui problemi inerenti la fertilità, decidono di avere figli prima senza richiedere questo tipo di percorso. Vogliamo offrire una freccia in più all’arco dei pazienti per potere affrontare meglio una situazione difficile dal punto di vista sia clinico sia esistenziale. A noi importa sollevare il problema e offrire un’opportunità a chi lo desidera. Desideriamo aprire una finestra di dialogo con le donne, ma senza poi doverle mandare in una clinica privata, nel caso decidessero di congelare gli ovociti in anticipo. Se è vero che oggi il nostro Sistema Sanitario Nazionale è chiamato a una razionalizzazione della spesa, è anche vero che molte risorse vengono sprecate per prestazioni inutili, se non addirittura dannose. Dobbiamo ricollocare meglio quanto abbiamo a disposizione.

L’idea è quindi di fare lobby per questo sottogruppo di pazienti con problematiche oncologiche, che ha delle necessità particolari. E visto che l’unione fa la forza, è nata questa collaborazione con Mutagens, con il coinvolgimento di strutture pubbliche e private con esperienza in materia e il prezioso supporto di giuristi per agire a 360 gradi.

Avvocato Costantini come si possono tutelare anche dal punto di vista giuridico le persone con sindromi eredo-familiari nel percorso dell’oncofertilità?

L’obiettivo che ci siamo posti insieme a Mutagens è quello di individuare delle strategie per riuscire a sostenere le donne che hanno una predisposizione ereditaria allo sviluppo di tumori, per esempio per la presenza di mutazioni germinali nei geni BRCA o di quelli associati alla sindrome di Lynch. In Italia oggi esiste già un percorso diagnostico terapeutico sull’oncofertilità, varato a livello nazionale e poi recepito da diverse regioni, che però non prende in dovuta considerazione la preziosità della questione di poter avere un figlio (molto sentita dalle donne in generale, ma ancora di più da chi ha o può avere problemi oncologici). La parte psicologica infatti non viene approfondita. Questo documento consente il ricorso a tecniche di fecondazione assistita nel momento in cui insorge la malattia ed è quindi già stato diagnosticato il tumore. Dà la possibilità di crioconservare gli ovociti prima di iniziare la procedura oncologica e, se la donna è già in coppia, c’è anche la possibilità di crioconservare gli embrioni. Però alcune volte, anche per problemi di tardiva diagnosi, si arriva a non avere il tempo materiale per le procedure di crioconservazione oppure la prognosi è talmente grave che gli stessi ovociti non sono “buoni” perché il tumore ha già intaccato le strutture interessate.

L’idea è quella di rendere possibile, in un momento antecedente, quando ancora la situazione è tranquilla, l’accesso alla crioconservazione alle donne che sanno di avere una predisposizione ereditaria al cancro. Quindi dare un vantaggio di ordine sia “psicologico” sia “pratico”. Quanto già predisposto nella normativa è un passo avanti rispetto al passato, ma non è sufficiente, neanche da un punto di vista economico perché non tutte le regioni sono in grado di offrire questa possibilità. Il problema è anche organizzativo, occorre dare una risposta immediata. Una volta che la donna sia venuta a conoscenza del suo alto rischio di malattia, l’ipotesi è quella di cercare di accelerare i tempi in modo tale da poterla salvaguardare e tranquillizzare che qualsiasi cosa succederà lei sarà tutelata. E questo sarà un vantaggio indiscutibile dal punto di vista psicologico. Ovviamente con tutte le cautele, non vogliamo promuovere a tappeto l’opportunità della “crioconservazione anticipata” e creare una domanda ingiustificata, però predisporre un percorso per le persone per le quali la probabilità di imbattersi in un tumore è molto alta.

Avvocato Costantini come dovrebbe evolvere il quadro normativo esistente?

La legge vigente, ovvero la Legge 40, prevede l’accesso alle procedure di fecondazione assistita solo alle donne che stanno all’interno di una coppia. Tuttavia, nel momento in cui si è stato approvato il percorso diagnostico-terapeutico sull’oncofertilità, la possibilità della crioconservazione è stata estesa alle donne, anche non in coppia, nel momento della diagnosi del tumore. Ora si tratterebbe di estenderla alle donne nelle quali il tumore non si è ancora sviluppato, ma ha alte probabilità di manifestarsi. Ci sarebbero indubbi vantaggi a intervenire in anticipo, come ha spiegato bene anche il dottor Somigliana. Questo primo ostacolo potrebbe essere superato senza troppi problemi dal punto di vista normativo e così il fatto di consentire che i farmaci che servono per la stimolazione ovarica siano erogati non solo alle donne che hanno già la malattia, ma anche a quelle in cui la probabilità di ammalarsi è elevata. Il problema maggiore è quello di allocare le risorse del Sistema Sanitario Nazionale per queste procedure e soprattutto fare in modo che non vi siano disparità tra regioni, che oggi sono invece molto marcate. Ci sono infatti regioni nelle quali nemmeno la fecondazione assistita è erogata dal Sistema Sanitario Nazionale.

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