In calo i decessi per i tumori, ma attenzione al cancro del colon-retto nei giovani

Secondo uno studio italiano, il 2024 vedrà una diminuzione dei tassi di mortalità per età per le neoplasie. Emerge però un dato negativo per il tumore dell’intestino in chi si ammala tra i 25 e i 49 anni

Oggi i tumori si combattono sempre meglio, complici gli screening, la diagnosi precoce e i progressi nelle terapie. Il risultato è che i tassi di mortalità per cancro sono in calo come rivela anche uno studio italiano, pubblicato di recente sulla rivista Annals of Oncology. I ricercatori, guidati dall’epidemiologo Carlo La Vecchia dell’Università di Milano, hanno infatti stimato una diminuzione dei tassi di mortalità per cancro per tutte le fasce di età del 6,5% tra gli uomini e del 4,3% tra le donne nell’Unione europea, tra il 2018 e il 2024, con più di 6 milioni di decessi evitati tra il 1989 e il 2024 nell’UE.

A preoccupare gli studiosi c’è però il tumore del colon-retto, per il quale incidenza e mortalità sono in aumento nei giovani. Nel Regno Unito e in alcuni paesi europei, tra cui l’Italia, si prevede infatti un aumento della mortalità per questo tumore per chi lo sviluppa nella fascia di età tra i 25 e i 49 anni.

Mortalità in crescita per il tumore del colon-retto nei giovani

I dati appena pubblicati segnalano che il maggiore aumento dei tassi di mortalità per tumore al colon-retto tra i giovani si registrerà nel Regno Unito, dove nel 2024 ci sarà, rispetto al 2018, un aumento del 26% negli uomini e di quasi 39% nelle donne. Ma si stimano aumenti, per fortuna meno marcati, anche in Italia.

«I fattori chiave che contribuiscono all’aumento dei tassi di mortalità per tumore al colon-retto tra i giovani includono il sovrappeso, l’obesità e le condizioni di salute correlate, come alti livelli di glucosio nel sangue o il diabete – sostiene il professor La Vecchia -. L’aumento del consumo di superalcolici nell’Europa centrale e settentrionale e nel Regno Unito e la riduzione dell’attività fisica costituiscono ulteriori fattori di rischio. Il consumo di alcol è stato associato al tumore al colon-retto a insorgenza precoce e, infatti, nei Paesi in cui è stata riportata una riduzione del consumo di alcol (ad esempio Francia e Italia), non si è registrato un aumento marcato dei tassi di mortalità per questo tumore. Rispetto ai più anziani, il cancro al colon-retto diagnosticato nei giovani adulti tende a essere più aggressivo e con tassi di sopravvivenza più bassi».

Più attenzione ai sintomi spia

Dagli anni ’90 del secolo scorso c’è stato in tutto il mondo un progressivo aumento dei tassi di incidenza del cancro del colon-retto a esordio giovanile, mentre sono diminuiti i casi e la mortalità negli individui sopra i 50 anni, come conferma anche il nuovo studio.

Il cancro del colon-retto giovanile è spesso sottovalutato, cosa che spiega la frequente diagnosi in stadi più avanzati. Il ritardo diagnostico dopo i 50 anni è di un paio di mesi dall’esordio dei sintomi, mentre nei giovani è di circa sei mesi perché i pazienti arrivano tardi a fare la colonscopia.

Per una diagnosi più precoce è innanzitutto fondamentale fare maggiore attenzione ai sintomi spia della malattia, come segnalato nelle Linee guide per la diagnosi e la gestione dei pazienti con tumore del colon-retto a esordio precoce, pubblicate lo scorso anno da un gruppo di ricercatori internazionali, denominato Delphi Initiative for Early-onset Colorectal Cancet (DIRECt).

Giulia Martina Cavestro

Considerare le sindromi tumorali ereditarie

Secondo queste raccomandazioni i principali campanelli d’allarme sono: sangue nelle feci, anemia da deficienza di ferro non altrimenti spiegata e perdita di peso inspiegabile. In questi casi bisogna indagare la presenza di un cancro del colon-retto (anche se il paziente ha 20 o 30 anni). «In presenza di uno o più di questi tre sintomi il paziente deve fare una colonscopia, entro 30 giorni se possibile – riferisce Giulia Martina Cavestro, professore associato di gastroenterologia all’Ospedale IRCCS San Raffaele di Milano, che ha guidato il gruppo DIRECt -. Inoltre bisogna raccogliere la storia familiare completa per cercare di identificare quei casi che possono essere sindrome di Lynch o altre sindromi che predispongono allo sviluppo di tumori del colon-retto».

La sindrome di Lynch, in particolare, è la più frequente sindrome ereditaria predisponente allo sviluppo di neoplasie colorettali. Questa condizione è associata a un aumento del rischio di sviluppare tumori in vari distretti del corpo anche ad insorgenza giovanile, le più frequenti a carico del colon-retto e dell’endometrio. Ma può aumentare il rischio di sviluppare anche altre neoplasie tra cui i tumori di stomaco, mammella, ovaio, pancreas e prostata. La sindrome di Lynch è definita dalla presenza di una variante patogenetica (mutazione) germinale in uno dei geni di riparazione del DNA definiti geni del mismatch repair (MMR), MLH1, MSH2, MSH6, PMS2, o del gene EpCAM.

L’indicazione al test genetico

Circa il 28% dei pazienti con tumore colon-rettale giovanile presenta una storia familiare di questo tumore, con una frequenza simile a quella osservata nei casi che si verificano più in là con gli anni. Le linee guida del gruppo DIRECt stabiliscono quindi che tutti i soggetti sotto i 50 anni in cui si identifica un cancro del colon-retto devono fare il test genetico per evidenziare l’eventuale presenza di alterazioni patogenetiche germinali, preferibilmente prima dell’intervento chirurgico perché il risultato può influenzare le decisioni di trattamento.

«Per quanto riguarda la terapia, medico o chirurgica che sia, non bisogna scostarsi da quanto definito fino ad oggi per il cancro del colon retto a esordio tardivo. Per esempio, non ci sono evidenze scientifiche che suggeriscano di proporre un regime chemioterapico più importante vista la giovane età. Per la chirurgia bisogna tenere presente l’esito del test genetico: se è presente una sindrome di Lynch e il paziente ha già avuto dei figli, va presa in considerazione l’opzione di una chirurgia più estesa» segnala l’esperta.

Un altro aspetto da tenere presente, trattandosi di pazienti giovani, è il rischio di infertilità in seguito alla terapia sia chemioterapica sia chirurgica. «Il paziente va informato e bisogna valutare le diverse opzioni per la preservazione della fertilità, come la trasposizione ovarica oppure la crioconservazione degli ovuli o il congelamento degli spermatozoi per il futuro» conclude Cavestro.

Antonella Sparvoli

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