Tumori ginecologici ereditari: nuove opzioni per ovaio e conferme per l’endometrio

Presentati al congresso della Società americana di oncologia nuovi dati per il PARP inibitore rucaparib in prima linea nel tumore ovarico e per l’immunoterapico dorstarlimab per il cancro dell’utero

In occasione del recente congresso nazionale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) sono stati presentati alcuni nuovi dati riguardanti l’impiego del PARP inibitore rucaparib nei tumori ovarici associati alla presenza di mutazioni germinali nei geni BRCA o di altri geni della ricombinazione omologa. Inoltre dal convegno sono arrivate nuove conferme sull’impiego dell’immunoterapico dorstarlimab nelle pazienti con tumore dell’endometrio associato a instabilità dei microsatelliti. Interessanti anche le evidenze sull’efficacia di un chemioterapico che si chiama trabectedina nelle pazienti mutate o nel profilo BRCAness. Facciamo il punto insieme a Domenica Lorusso, responsabile dell’Unità operativa di programmazione ricerca clinica presso la Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS di Roma, nonché componente del Comitato Scientifico della Fondazione Mutagens.

Domenica Lorusso

Rucaparib in prima linea per il tumore ovarico

La principale novità emersa all’ASCO sul fronte dei tumori ginecologici associati a sindromi ereditarie riguarda i tumori ereditari dell’ovaio. Lo studio ATHENA-MONO, presentato al congresso e simultaneamente pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, ha aperto la strada all’uso in prima linea del PARP inibitore rucaparib. Questo studio di fase III ha dimostrato che l’impiego di rucaparib come terapia di mantenimento in prima linea per due anni ha migliorato in modo significativo la sopravvivenza libera da progressione rispetto al placebo tra le pazienti con carcinoma ovarico avanzato di nuova diagnosi, comprese quelle con malattia positiva per deficit di ricombinazione omologa (HRD). «Si tratta di uno studio importante, condotto su oltre 500 pazienti, che ha evidenziato un vantaggio rilevante in termini di controllo di malattia e un aumento significativo della sopravvivenza libera da progressione – commenta Domenica Lorusso -. Questo vantaggio è risultato diverso nelle tre popolazioni molecolari considerate: massimo per le pazienti portatrici di mutazioni nei geni BRCA, intermedio (ma comunque elevato) per le donne senza mutazioni BRCA ma con altri deficit della ricombinazione omologa e minimo (circa 3 mesi di vantaggio ma comunque presente) nelle pazienti senza deficit della ricombinazione omologa».

PARP inibitori a confronto

Il nuovo studio presentato all’ASCO apre così la strada all’uso di rucaparib come terapia di mantenimento in prima linea che va ad aggiungersi alla terapia “già sdoganata” con un altro PARP inibitore, ovvero olaparib. «Olaparib è oggi approvato solo per le pazienti con mutazioni BRCA, mentre rucaparib allarga l’indicazione anche alle pazienti con mutazioni in altri geni della ricombinazione omologa – osserva Lorusso -. Per ora non ci sono studi di confronto sull’efficacia di rucaparib rispetto a quella di olaparib, ma l’impressione è che sia simile. La vera scelta del farmaco da utilizzare, quando anche rucaparib sarà approvato, andrà fatta valutando il profilo di tossicità dei farmaci e dovrà essere una scelta condivisa con la paziente».

Immunoterapia per i tumori dell’utero

Al Congresso dell’ASCO sono stati presentati anche i risultati di un sotto studio di un studio già pubblicato, che si chiama GARNET. La ricerca ha confermato il vantaggio dell’anticorpo monoclonale anti-PD-L1 (dorstarlimab) nelle pazienti con cancro dell’endometrio avanzato associato a instabilità dei microsatelliti. «Questo sotto studio ha evidenziato in particolare che i benefici offerti dall’immunoterapico dorstarlimab sono indipendenti dall’età della paziente. Quindi ora sappiamo che queste terapie possono essere usate in sicurezza anche nelle donne più anziane, senza andare ad impattare sulla loro qualità di vita» osserva Lorusso.

Chemioterapia per il tumore ovarico BRCAness

«In occasione del congresso abbiamo presentato un nostro studio che dimostra l’efficacia del farmaco chemioterapico trabectedina nelle donne con tumore ovarico portatrici di mutazioni nei geni BRCA e nel profilo BRCAness. Quest’ultime sono pazienti che pur non avendo una mutazione specifica nei geni BRCA si comportano come se l’avessero perché hanno un malfunzionamento di altri geni che compromettono comunque la loro capacità di riparare il danno al DNA e come tali rispondono meglio alla chemioterapia (per questo motivo si parla di fenotipo BRCAness). Grazie a questa osservazione, possiamo ora disporre di un’arma in più da proporre a queste pazienti. Tra l’atro questo chemioterapico è già stato approvato nel trattamento della recidiva del tumore ovarico in combinazione alla doxorubicina liposomiale metilata» conclude l’esperta.

Antonella Sparvoli

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