Tumori del pancreas: mutazioni germinali in 1 caso su 10

Un recente studio italiano svela l’alta prevalenza di varianti patogenetiche dei geni BRCA nei pazienti con tumore al pancreas. Importanti le possibili implicazioni per ampliare le indicazioni al test genetico, in modo tale da garantire a tutti i portatori di mutazioni germinali terapie adeguate e ai loro parenti l’inserimento in appositi programmi di screening e prevenzione

Quasi un decimo dei tumori al pancreas, che si verificano in persone sotto i 74 anni di età, risulta legato alla presenza di mutazioni germinali nei geni BRCA. Lo rivela uno studio, pubblicato sulla rivista ESMO Open, coordinato da ricercatori dell’Istituto San Raffaele di Milano.

Geni BRCA e tumori eredo-familiari

Mutazioni patogenetiche nei geni BRCA 1 e BRCA 2 sono note per aumentare il rischio di sviluppare il tumore al seno e quello delle ovaie (Sindrome del cancro ereditario della mammella e dell’ovaio o HBOC). Negli ultimi anni tuttavia sempre più studi hanno evidenziato che queste stesse varianti aumentano anche la probabilità di incorrere in altre forme di cancro, tra cui quelli di prostata e pancreas. A confermare lo stretto legame con il tumore del pancreas concorre anche il nuovo studio italiano, che fa una fotografia su quasi 1000 pazienti con carcinoma del pancreas che sono stati testati negli ultimi cinque anni in 14 centri italiani. Di questi, il 52% erano uomini, l’età media era 62 anni, il 62% era già in fase metastatica e il 29% aveva una storia familiare di tumori potenzialmente legati ai geni BRCA. Ogni paziente, indipendentemente dall’età, dalla storia famigliare e dalla presenza o meno di metastasi al momento della diagnosi, è stato testato per la presenza di mutazioni nei geni BRCA.

Tumore al pancreas e mutazioni BRCA

“In totale è risultato positivo alle varianti patogenetiche di questi geni il 9% dei pazienti con meno di 74 anni. Si tratta di un valore molto più alto di quello atteso, al netto della variabilità che si riscontra nelle diverse fasce d’età – fa notare il coordinatore dello studio Michele Reni, oncologo e responsabile del coordinamento clinico del Pancreas Center dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano -. Le mutazioni BRCA predispongono infatti allo sviluppo dei tumori in età più giovanile, mentre il tumore al pancreas insorge con maggior frequenza in età più avanzata: ecco perché le mutazioni sono presenti nel 17% dei pazienti con meno di 40 anni. ma appena nel 6,2% dei pazienti ultra settantenni”. Studi precedenti avevano evidenziato una frequenza più bassa di addirittura un terzo, probabilmente perché erano stati indirizzati al test genetico pazienti con malattia più grave, finendo così per escludere una parte importante dei portatori.

Terapie personalizzate e prevenzione

“Una prevalenza del 9% significa che l’Italia è un paese ad alta incidenza per le mutazioni ai geni BRCA, alla stregua di alcune aree degli Stati Uniti – continua Reni -. Un fatto che impone dei cambiamenti nelle linee guida dei test genetici: non possiamo più limitarci ad eseguire il test nel caso di tumori metastatici, bisogna farlo sempre, per qualsiasi paziente, sotto i 74 anni. Solo così possiamo identificare tutti i portatori, garantire loro le migliori chance di trattamento e fare prevenzione nei famigliari a rischio”. Oggi sappiamo infatti che alcune terapie funzionano meglio di altre in chi presenta un tumore al pancreas legato a mutazioni BRCA. Per esempio le chemioterapie a base di platino risultano più efficaci in questi pazienti. Inoltre la consulenza genetica e lo screening dei famigliari può evidenziare altri portatori della stessa mutazione germinale da inserire nei programmi di prevenzione e la diagnosi precoce dei tumori legati a BRCA, tra cui appunto quelli si seno, ovaie, prostata e pancreas.

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