Tumore dell’utero e rischio genetico

Il cancro dell’endometrio ereditario è tradizionalmente associato a varianti patogene nei geni della sindrome di Lynch, ma nuovi studi segnalano un potenziale ruolo anche per altri geni

Il cancro dell’endometrio è la neoplasia ginecologica più comune nei paesi sviluppati. I fattori di rischio sono diversi e includono, oltre all’età e all’obesità, la presenza di alterazioni genetiche ereditarie, prime tra tutte quelle nei geni della sindrome di Lynch. Quest’ultima è causata da varianti patogeniche della linea germinale nei geni di mismatch repair (MSH2, MSH6, MLH1, PMS2) e viene rinvenuta in circa il 3% di tutti i cancri dell’endometrio. Tuttavia, recenti studi indicano che il tumore dell’endometrio può essere associato a varianti patogeniche germinali anche di altri geni, tra cui PTEN, BRCA1 e talvolta BRCA2. Identificare eventuali alterazioni genetiche ereditarie nei tumori dell’endometrio è importante non solo per le ripercussioni terapeutiche, vista la crescente possibilità di mettere in atto terapie mirate, ma anche per poter proporre screening a cascata sui familiari e avviare protocolli di prevenzione e diagnosi precoce personalizzati. Approfondiamo l’argomento con la dottoressa Ilaria Betella della Ginecologia chirurgica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano.

Ilaria Betella

Tumori dell’endometrio e alterazioni genetiche germinali

«Nei tumori dell’endometrio e dell’utero in generale la prevalenza di mutazioni genetiche germinali è incerta, mancano dati consistenti come invece iniziamo ad avere per il tumore mammario e quello ovarico – premette Betella -. Negli studi in letteratura la prevalenza di mutazione nel tumore dell’endometrio varia dal 4 al 23% e questo range così ampio dipende dal fatto che tutti gli studi sono caratterizzati da differenze nella selezione delle pazienti che vengono sottoposte al test genetico e anche nei tipi di test eseguiti».

Per quanto riguarda in particolare la sindrome di Lynch, i dati sono più definiti: la prevalenza nella popolazione generale è di circa una persona ogni 280. Nelle donne con questa sindrome il rischio di sviluppare un tumore dell’endometrio è di 20-30 volte maggiore rispetto alla popolazione generale. Se nelle donne senza mutazioni il rischio di svilupparlo prima degli 80 anni è del 3%, in quelle con la sindrome di Lynch si arriva al 60%.

«I geni della sindrome di Lynch non sono gli unici a trovarsi mutati nel tumore dell’endometrio ereditario, anche se sono i più frequenti (circa il 3% dei casi sono legati alla sindrome). Abbiamo anche il gene PTEN, associato alla sindrome di Cowden, e più di rado mutazioni germinali nei geni BRCA, in particolare di BRCA1, CHECK2 e altri geni (meno dell’1% di casi)» puntualizza Betella.

Come intercettare le donne con tumori dell’utero ereditari

Esistono alcuni criteri per identificare le pazienti che hanno sviluppato un tumore uterino per un rischio ereditario. Si tratta dei cosiddetti criteri di Amsterdam e di Bethesda che, fino a poco tempo fa, servivano anche per indirizzare le pazienti all’esecuzione di un test genetico. «I criteri di Amsterdam e di Bethesda riguardano sostanzialmente la storia personale e familiare (parenti di 1° e 2° grado) di tumori correlati alle sindromi genetiche, in particolare di tumori del colon retto – spiega Betella -. È stato stimato che circa due terzi di pazienti con sindrome di Lynch non soddisfano questi criteri per l’accesso ai test genetici. Al fine di individuare meglio i soggetti che potrebbero essere portatori di questa sindrome, è stato sviluppato, dall’Harvard University, un algoritmo predittivo, disponibile online gratuitamente, che, attraverso l’inserimento di una serie di dati sia sul soggetto (probando) sia sui i suoi familiari di 1° e 2° grado, è in grado di predire il rischio di avere la sindrome di Lynch. Questo algoritmo può essere utilizzato per indirizzare le pazienti a consulenza genetica per valutare se procedere con un test genetico germinale».

Screening universale per la sindrome di Lynch

«Passi enormi per l’identificazione delle sindromi genetiche, in particolare della sindrome di Lynch, sono stati fatti dalla pubblicazione delle Raccomandazioni di Manchester, nel 2019, e poi progressivamente introdotte in tutte le linee guida europee e internazionali, in cui si invita ad eseguire lo screening universale per la sindrome di Lynch in tutte le pazienti con tumore dell’endometrio» segnala l’esperta.

Questo screening non viene fatto con un test genetico, ma con un test molecolare o immunoistochimico sul tessuto tumorale. Mentre il test molecolare valuta l’instabilitá dei microsatelliti, il test immunoistochimico valuta l’espressione di quattro proteine (MSH2, MSH6, MLH1 PMS2): l’assenza di almeno una di queste proteine è indicativa di un deficit del mismatch repair. «Sono due test alternativi per eseguire uno screening per la sindrome di Lynch. La positività di uno dei due test è un campanello d’allarme per la sindrome di Lynch e ci porta a indirizzare le pazienti ad ulteriori accertamenti fino ad arrivare, quando opportuno, al test genetico germinale, l’unico in grado di confermare la presenza di questa sindrome ereditaria».

«Alle pazienti che inviamo a consulenza genetica spieghiamo che questo percorso permette loro di accedere a programmi diagnostici e preventivi personalizzati. Spesso, per chi ha appena affrontato la diagnosi del tumore dell’endometrio, l’idea di avere un rischio aumentato di sviluppare altre neoplasie, quali tumori gastrointestinali o urologici, suscita timore. Tuttavia, grazie ad un’equipe multidisciplinare costituita non solo da genetisti e dagli specialisti delle singole neoplasie, ma anche tra gli altri da psicooncologi, la paziente viene accompagnata in questo percorso in cui lei è sempre al centro».

Consulenza genetica per i casi sospetti

«Quando c’è una storia suggestiva per una sindrome ereditaria, vuoi perché la donna ha sviluppato il tumore dell’endometrio in giovane età, vuoi per la storia familiare di tumori, la paziente va comunque indirizzata dal genetista, anche se il test universale risulta negativo – puntualizza Betella -. Potrebbe infatti essere chiamata in causa una variante patogenica in un altro gene». In quest’ottica possono essere d’aiuto gli esiti dei test molecolari, che oggi vengono eseguiti al momento della diagnosi sul tessuto tumorale con lo scopo di orientare la terapia. «Nel momento in cui il test molecolare dovesse rivelare la presenza di un’alterazione genetica potenzialmente germinale, la paziente va indirizzata al genetista che valuterà l’opportunità di eseguire un test genetico. L’ideale sarebbe ricorrere a pannelli multigene, che però oggi non sono lo standard, anche se sono molto interessanti dal punto di vista della ricerca e dovrebbero essere sfruttati maggiormente nel tumore dell’endometrio» osserva Betella.

Screening a cascata dei familiari

L’identificazione di una mutazione patogenica germinale in un gene che ha un’importanza clinica ha implicazioni notevoli non solo per la paziente stessa, ma anche per i suoi familiari. I familiari di primo grado di una paziente a cui è stato diagnosticato un tumore dell’endometrio ereditario hanno una probabilità del 50% di aver ereditato lo stesso gene e quindi lo stesso rischio di avere la patologia. «Sapere che una persona sana, che non ha sviluppato un tumore, è a rischio di svilupparlo permette al clinico di seguirla in maniera più mirata e opportuna – fa notare Betella -. È infatti possibile educare il soggetto con la sindrome genetica, per esempio spiegandogli quali sono gli eventuali sintomi a cui prestare attenzione, e quindi inserirlo in percorsi di sorveglianza dedicati sia per l’endometrio sia per eventuali altri tumori legati alla sindrome».

Prevenzione e sorveglianza per i sani a rischio

Per esempio nel caso di una donna con la sindrome di Lynch che non ha ancora sviluppato il tumore dell’endometrio, si possono mettere in atto diversi accorgimenti, a seconda dell’età. «Innanzitutto le spieghiamo quali sono i campanelli d’allarme, primi tra tutti i sanguinamenti uterini anomali, e poi programmiamo visite ginecologiche annuali, durante le quali facciamo l’ecografia transvaginale. Inoltre possiamo proporre il dosaggio di marcatori tumorali e fare delle biopsie periodiche dell’endometrio a partire dai 30-35 anni – spiega l’esperta -. Si può poi valutare con la paziente la possibilità di fare una terapia ormonale perché si è visto che la pillola contraccettiva, piuttosto che la terapia a base di solo progestinico, riduce il rischio di sviluppare il tumore dell’endometrio nella sindrome di Lynch. Infine possiamo arrivare al termine del percorso, proponendo l’isterectomia profilattica e l’asportazione di tube e ovaie, perché la sindrome di Lynch aumenta anche il rischio di sviluppare il tumore dell’ovaio. Le linee guida raccomando la chirurgia profilattica entro i 45 anni, possibilmente anche prima. Tutto deve essere adeguato alla storia della singola persona e familiare».

Terapie target per il tumore dell’endometrio

«Attualmente nel tumore dell’endometrio a guidarci nella terapia è il dato molecolare sul tessuto tumorale – spiega Betella -. Questo approccio è in costante evoluzione perché ci sono numerosi studi in corso con bersagli molecolari diversi».

Per quanto riguarda in particolare le pazienti con un deficit del mismatch repair, tra cui anche quelle con la sindrome di Lynch, si stanno ottenendo ottimi risultati con l’immunoterapia. Inoltre si è visto che in queste pazienti anche la radioterapia dà buoni risultati, rappresentando così un’ulteriore opzione terapeutica.

«Sono in corso studi promettenti anche sull’uso dei PARP inibitori nelle donne con tumori dell’endometrio ereditari associati a mutazioni nei geni BRCA o, più genericamente, con un deficit della ricombinazione omologa (HRD+). In un prossimo futuro potremo quindi disporre di nuove terapie mirate» conclude Betella.

Antonella Sparvoli

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