Tumore della prostata: stato dell’arte e prospettive

Presentato da ONDA il Libro Bianco in cui vengono esaminati i diversi aspetti inerenti il carcinoma prostatico, dalle strategie diagnostico-terapeutiche fino alla gestione multidisciplinare e all’impatto psicologico

Con 37.000 nuovi casi l’anno, il tumore alla prostata rappresenta il 19% di tutti i tumori diagnosticati nella popolazione maschile. Grazie alle recenti innovazioni diagnostico-terapeutiche e a nuove metodiche, la mortalità è in continua riduzione. Lo ricorda il Libro bianco “Tumore alla Prostata, Stato dell’arte e nuove prospettive” di Fondazione ONDA (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere), alla cui stesura hanno partecipato i massimi specialisti italiani. Per chi volesse saperne di più su questo tumore, il volume, edito da FrancoAngeli Editore, offre una completa analisi di fattori di rischio, incidenza, prevenzione, sorveglianza attiva, strategie diagnostiche e terapeutiche fino alla gestione multidisciplinare del paziente. Non solo, una sezione è dedicata anche agli aspetti psicologici di questo tumore che mina l’identità maschile con ricadute sulla vita relazionale e affettiva.

Sorveglianza attiva per i tumori a basso rischio

Fino al 40% delle nuove diagnosi è costituito da tumori clinicamente insignificanti. Per evitare il sovratrattamento di lesioni indolenti, risparmiando al paziente inutili tossicità e alla comunità costi evitabili, oggi si adotta la strategia della sorveglianza attiva. «È un monitoraggio sistematico per pazienti con diagnosi di adenocarcinoma della prostata in classe di rischio bassa, che prevede uno schema predefinito di controlli che include anche la pronta attivazione di un trattamento curativo qualora gli esami di monitoraggio evidenzino la comparsa di un tumore clinicamente significativo. Gli studi clinici ne confermano efficacia, sicurezza e una buona qualità della vita» spiega Riccardo Valdagni, direttore della Struttura complessa di Radioterapia oncologica e responsabile del Programma prostata della Fondazione IRCCS Istituto nazionale tumori, Milano.

Quando si ricorre all’intervento chirurgico

La chirurgia rappresenta un trattamento di scelta quando il tumore è localizzato solo alla prostata. Al fine di garantire la rimozione del tumore, l’intervento prevede l’asportazione completa della prostata e delle vescicole seminali ed è indicato per pazienti con neoplasia a rischio intermedio che abbiano un’aspettativa di vita superiore ai 10 anni. «La chirurgia trova indicazione anche in pazienti con neoplasia a rischio elevato o localmente avanzata: in questi casi, l’intervento chirurgico fa parte di un trattamento multimodale che può coinvolgere anche la radioterapia e il trattamento medico», sintetizza Bernardo Rocco, direttore dell’Unità operativa complessa di urologia dell’ASST Santi Paolo e Carlo di Milano.

L’incontinenza urinaria e il deficit erettile sono i problemi più comuni, dopo la prostatectomia radicale. La ripresa della continenza oscilla tra il 70 e il 98% a 12 settimane; analogamente, anche il recupero della potenza è variabile (30-80%) e può dipendere dall’età del paziente, dalla funzione erettile preoperatoria, dal tipo di tecnica chirurgica utilizzato.

Le terapie mediche

Le principali terapie mediche per il carcinoma prostatico sono rappresentate da ormonoterapia, chemioterapia, terapia radio-metabolica, immunoterapia e PARP inibitori.

La terapia ormonale ha l’obiettivo di bloccare o ridurre l’azione del testosterone per limitare la crescita tumorale. Nel tempo però può accadere che si instauri un fenomeno di resistenza. In questi casi si parla di tumore della prostata resistente alla castrazione. Non solo, la terapia androgeno deprivativa non è esente da effetti collaterali: dalle vampate di calore all’impotenza sessuale, dall’anemia all’osteoporosi.

Nelle forme metastatiche si conta soprattutto sulla chemioterapia, mentre l’immunoterapia finora si è rivelata deludente. Nuove opportunità sono state aperte dai PARP inibitori, farmaci indicati nei pazienti in cui il tumore prostatico è legato ad alterazioni germinali nei geni BRCA, a indicare il ruolo sempre maggiore della medicina di precisione.

L’importanza della multidisciplinarità

Nel Libro Bianco un capitolo è dedicato anche al valore di un approccio multidisciplinare per una presa in carico più efficace a misura di paziente. «I team multidisciplinari e multiprofessionali per la patologia prostatica nascono sul modello delle Breast unit, con l’obiettivo di organizzare percorsi di cura dedicati che comprendano l’eterogeneità biologica delle neoplasie prostatiche, le quali includono forme non aggressive e forme estremamente aggressive e potenzialmente letali. Proprio per garantire l’approccio migliore ad ogni paziente, i gruppi multidisciplinari sono molto sfaccettati, composti da un Core Team e da numerose figure ancillari» chiarisce Sergio Bracarda, direttore del Dipartimento di oncologia e Struttura complessa di oncologia medica e traslazionale dell’Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni.

L’aspetto psicologico

Nel volume presentato da ONDA non poteva mancare una sezione dedicata alle ricadute psicologiche del tumore alla prostata, correlate al vissuto di malattia nonché agli effetti collaterali delle terapie e dei trattamenti che minano la qualità di vita dei pazienti, interferendo con il funzionamento sessuale, urinario e intestinale. «Il tumore alla prostata non è solo una malattia del corpo, ma colpisce l’identità maschile più intima dell’uomo. Indipendentemente dalla tipologia d’intervento o dalla persistenza degli effetti collaterali, i pazienti con cancro alla prostata sperimentano un senso di perdita: delle proprie funzioni, del proprio sé, della connessione con l’altro e di controllo» ricorda Chiara Marzorati, psicologa e psicoterapeuta della Divisione di psiconcologia dell’IRCSS Istituto europeo di oncologia di Milano.

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