Tumore del colon avanzato: nuove prospettive per i casi complessi

Due anticorpi monoclonali specifici e mirati aprono la strada a strategie terapeutiche che potrebbero migliorare l’efficacia della terapia standard contro il cancro colorettale refrattario

In occasione del recente convegno The Naples Conference on colorectal cancer sono stati presentati i dati preliminari di due studi sul tumore del colon-retto metastatico, condotti su pazienti complessi, già trattati con una o due linee di terapia o resistenti alla chemioterapia. Protagonisti degli studi due anticorpi monoclonali, bevacizumab e panitimumab, entrambi rivelatesi in grado di migliorare in maniera significativa la sopravvivenza libera da progressione della malattia.

L’anticorpo che “affama” il tumore

Bevacizumab, un anticorpo diretto contro il fattore di crescita vascolare VEGF, è stato utilizzato in aggiunta al trattamento standard (trifluridina/tipiracil) nell’ambito dello studio multicentrico internazionale di fase III SUNLIGHT. Nello studio sono stati presi in esame 500 pazienti complessi, già trattati con una o due linee di terapia. Ebbene l’aggiunta dell’anticorpo monoclonale ha aumentato la sopravvivenza mediana, che è salita da 10,8 mesi rispetto ai 7,5 della cura standard. «Il beneficio clinico è emerso in tutti i sottogruppi di pazienti indipendentemente dall’età, il sesso, la localizzazione del tumore primario, il numero di metastasi o la presenza o assenza di mutazioni su RAS, che possono influenzare la terapia; il trattamento combinato inoltre ha raddoppiato la sopravvivenza libera da progressione di malattia, passata da 2.4 a 5.6 mesi – segnala Fortunato Ciardiello, professore ordinario del Dipartimento di Medicina di Precisione dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli, coordinatore scientifico del convegno e coautore dello studio SUNLIGHT -. Il vantaggio clinico è stato registrato anche in pazienti che erano già stati trattati con bevacizumab, a indicare che continuare a inibire la formazione di nuovi vasi sanguigni che nutrono il tumore può avere un significato clinico di rilievo anche durante la progressione di malattia. Il tasso di controllo della malattia è aumentato del 30 per cento, arrivando al 77%: un risultato notevole e in assenza di un incremento della tossicità. Tutto questo indica nella combinazione di bevacizumab con trifluridina/tipiracil un possibile nuovo standard di cura per questi pazienti, per i quali finora avevamo poche opzioni di cura».

Nuove prospettive per i tumori resistenti alle terapie

L’anticorpo monoclonale panitumumab, diretto contro il recettore per il fattore di crescita epidermico EGFR, è stato il protagonista dello studio di fase II VELO, che ha coinvolto una sessantina di pazienti in sei centri italiani. Anche in questo caso, l’anticorpo monoclonale è stato aggiunto alla terapia standard (trifluridina/tipiracil) in una strategia definita di “rechallenge”. Quest’ultima consiste nel riprendere il trattamento con farmaci anti-EGFR in terza linea di terapia, in pazienti che dopo un’iniziale risposta sono andati in progressione di malattia e hanno pertanto ricevuto un successivo, diverso trattamento. «In questi pazienti la malattia metastatica riprende e diventa resistente alle terapie: la prognosi è negativa e i trattamenti di terza linea attuali sono efficaci in una porzione relativamente piccola di pazienti – spiega Teresa Troiani del Dipartimento di Medicina di Precisione dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli, e uno degli autori dello studio VELO -. L’aggiunta di panitumumab alla terapia standard ha aumentato da 2,5 a 4 mesi la sopravvivenza libera da progressione di malattia e portato il controllo di malattia dal 48 all’81% rispetto al solo trattamento standard. Un dato solo all’apparenza piccolo, ma di grande significato».


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