Tumore al seno: test genomico evita chemioterapie inutili

Per le donne in postmenopausa con un tumore al seno in stadio iniziale di tipo “ormonale” è possibile evitare la chemioterapia dopo l’intervento, anche nel caso in cui vi sono fino a tre linfonodi coinvolti. A dimostrarlo è un ampio studio presentato al San Antonio Breast Cancer Symposium

Scoprire un tumore al seno quando ancora in fase iniziale è molto importante perché le possibilità di guarigione sono molto più alte. Non solo, negli ultimi anni si è visto che in molti casi è anche possibile risparmiare a queste donne la temuta chemioterapia. L’ampio studio di fase II RxPONDER, presentato al San Antonio Breast Cancer Symposium, conferma e dimostra su ampi numeri che il ricorso al test genomico può evitare la chemioterapia alla maggior parte delle donne in postmenopausa con carcinoma della mammella in stadio iniziale con linfonodi positivi.

Lo studio

Lo studio RxPONDER è stato condotto per determinare quali pazienti con tumore del seno HR-positivo, HER2-negativo e linfonodi ascellari positivi (da uno a tre) traessero vantaggio dalla chemioterapia e quali invece potessero evitarla in sicurezza e ottenere risultati simili solo con la terapia ormonale.
Nello studio sono state prese in considerazione più di 5mila donne con questo tipo di tumore del seno in stadio iniziale (ER+/HER2-), con coinvolgimento dei linfonodi ascellari. Circa due terzi erano in postmenopausa. Le pazienti sono state sottoposte al test genomico Oncotype DX, in grado di stabilire, in base a uno specifico punteggio, quanto la neoplasia è aggressiva e la risposta alla chemioterapia. Ebbene quasi il 92 per cento delle donne in postmenopausa trattate con la sola terapia ormonale, a 5 anni, era vivo e libero da malattia invasiva, senza differenze significative rispetto alle pazienti che hanno ricevuto anche la chemioterapia (91,6%) dopo l’intervento (sono state considerate le pazienti che esprimevano un punteggio del test pari o inferiore a 25).

Terapia adiuvante e chemioterapia

Circa i due terzi dei tumori al seno esprimono i recettori estrogenici ma non la proteina HER2 (ER+/HER2-). Di norma, dopo la chirurgia, il trattamento sistemico prevede l’utilizzo della terapia ormonale nei casi considerati a basso rischio. Oppure l’aggiunta della chemioterapia adiuvante alla terapia ormonale, in presenza di un rischio elevato di recidiva per esempio per via di un interessamento dei linfonodi. Da alcuni anni sono disponibili test di profilazione genomica in grado di fornire una stima del rischio di recidiva e di identificare con maggiore precisione le donne che possono beneficiare della chemioterapia dopo l’interventi. Tra questi test genomici c’è Oncotype DX utilizzato nello studio RxPONDER. Questo esame non è invasivo ed è eseguito su un campione di tessuto prelevato durante l’intervento chirurgico.
“I test genomici sono uno strumento estremamente importante nella scelta del trattamento per le donne che, in base alle caratteristiche anatomopatologiche e cliniche, sono in una sorta di ‘zona grigia’, in una fase in cui non si può includere o escludere con certezza la chemioterapia rispetto alla sola terapia ormonale – osserva Saverio Cinieri, presidente eletto Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e Direttore Oncologia Medica e Breast Unit dell’Ospedale ‘Perrino’ di Brindisi -. I risultati dello studio RxPONDER possono cambiare la pratica clinica e dimostrano che la grande maggioranza delle donne in postmenopausa può evitare chemioterapie inappropriate e ricevere solo la terapia ormonale. Si tratta di un risultato molto importante soprattutto durante la pandemia, perché la chemioterapia rende le pazienti più vulnerabili a complicanze in caso di contagio”.

Il problema della rimborsabilità

I test genomici sono raccomandati dalle più importanti linee guida internazionali, peccato però che ci sia ancora molta strada da fare sul fronte del loro inserimento nei Livelli essenziali di assistenza e quindi della rimborsabilità.
“Ad oggi in Italia, solo la Lombardia, la Toscana e la Provincia Autonoma di Bolzano ne hanno approvato la rimborsabilità, pur trattandosi di una tematica dibattuta a livello regionale, come dimostrano le mozioni a favore della gratuità presentate nei Consigli regionali di Sardegna, Emilia-Romagna e Lazio – fa notare Cineri -. L’obiettivo di AIOM è che tutte le Regioni stabiliscano la rimborsabilità dei test, consentendo così a tutte le donne, indipendentemente dalla residenza, di accedervi senza disuguaglianze a livello territoriale. È infatti dimostrato che l’adozione dei test genomici comporta evidenti benefici clinici, migliora la qualità di vita delle pazienti e permette un risparmio economico per il sistema sanitario, evitando chemioterapie inappropriate”.

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