Tumore al seno: screening con risonanza magnetica per le donne con mutazioni germinali non-BRCA

Secondo uno studio pubblicato su JAMA Oncology l’esecuzione di tali controlli dall’età di 30 o 35 anni ridurrebbe la mortalità nelle donne con varianti nei geni ATM, CHEK2 o PALB2 a rischio di carcinoma della mammella

Nelle donne con mutazioni in geni, diversi da BRCA, che aumentano il rischio di tumore al seno, in particolare ATM, CHEK2 e PALB2, si raccomanda lo screening con la mammografia e la risonanza magnetica, tuttavia sono pochi i dati sulle modalità migliori per gestire queste pazienti. Hanno cercato di colmare questa lacuna alcuni ricercatori statunitensi, autori di uno studio pubblicato di recente sulla rivista JAMA Oncology. Usando modelli di simulazione del Cancer Intervention and Surveillance Modeling Network e i punteggi del rischio del Cancer Risk Estimates Related to Susceptibility Consortium, gli studiosi sono giunti alla conclusione che lo screening tramite risonanza magnetica dall’età di 30 o 35 anni potrebbe ridurre in modo considerevole la mortalità per questa neoplasia nelle donne portatrici di varianti patogenetiche nei geni ATM, CHEK2 e PALB2.

Il rischio di tumore al seno

In genere quando si parla di tumore al senso ereditario si pensa ai geni BRCA1 e BRCA2. Tuttavia la predisposizione allo sviluppo di questa neoplasia passa anche per altri geni come ATM, CHEK2 e PALB2.  In particolare le simulazioni condotte dagli autori della ricerca hanno evidenziato che le donne con varianti patogenetiche di ATM avevano un rischio medio di sviluppare un tumore al seno nel corso della vita di circa il 21%, che saliva a quasi il 28% in caso di varianti di CHEK2 e sfiorava il 40% in presenza di mutazioni patogenetiche di PALB2.

Nelle donne con varianti in uno di questi tre geni, la sola mammografia annuale effettuata dai 40 ai 74 anni ha ridotto la mortalità per tumore al seno tra il 36,4% e il 38,5% rispetto all’assenza di screening, con un numero di falsi positivi (l’esame mostra un risultato indice di patologia o comunque alterato quando invece il soggetto è sano) variabile tra 2.092 e 2.224 e un numero di biopsie benigne variabile tra 279 e 296.

Screening con risonanza magnetica

La simulazione ha inoltre mostrato che lo screening annuale con la risonanza magnetica a partire dai 35, seguito da mammografia e risonanza annuali a partire dai 40 anni, sarebbe in grado di ridurre la mortalità per tumore al seno di una percentuale variabile tra il 54,4% e il 57,6% rispetto all’assenza di screening, con un numero di falsi positivi tra 4.661 e 5.001 e da 1.280 a 1.368 biopsie benigne ogni 1.000 donne.

Diversamente lo screening annuale con la risonanza magnetica a partire dai 30, seguito sempre da mammografia e risonanza annuali a partire dai 40 anni, potrebbe avere un effetto lievemente maggiore sulla riduzione della mortalità (tra il 55,4% e il 59,5%), a fronte però di un numero maggiore anche di falsi positivi (tra 5.075 e 5.415) e biopsie benigne (tra 1.439 e 1.528 ogni 1.000 donne).

Le indicazioni

In base ai dati raccolti i ricercatori statunitensi suggeriscono quindi uno screening annuale con la risonanza magnetica a partire dai 30-35 anni, seguito da risonanza magnetica e mammografia annuali a partire dai 40 anni. Questa strategia permetterebbe infatti di ridurre la mortalità per cancro al seno di oltre il 50% nelle donne con varianti patogenetiche ATM, CHEK2 e PALB2. Dalla ricerca è inoltre emerso che, sempre nell’ambito dello screening con la risonanza magnetica, l’esecuzione della mammografia prima dei 40 anni non offrirebbe particolari benefici aggiuntivi.

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