Tumore al seno: nuove strategie anti-recidiva dopo l’intervento

Il potenziamento e l’estensione delle terapie adiuvanti rappresenta una via importante per ridurre le possibilità di ricaduta e aumentare le guarigioni

Quando scoperto in fase iniziale il tumore al seno ha un ottimo tasso di sopravvivenza, però ancora oggi circa due donne su dieci vanno incontro a recidiva a 10 anni dall’intervento chirurgico. Da qui la necessità di mettere in atto terapie adiuvanti che possano ridurre questo rischio e la possibilità di sviluppare metastasi. Ed è proprio quello che aiuterebbe a fare la terapia estesa, con un farmaco mirato innovativo, neratinib, in aggiunta all’attuale cura standard. Lo suggerisce lo studio ExteNET, i cui dati aggiornati sono stati presentati al San Antonio Breast Cancer Sympsosium negli Stati Uniti.

La terapia adiuvante standard

Ogni anno, in Italia, quasi 55mila donne ricevono la diagnosi di tumore della mammella. Ben 84% di tali donne presenta la malattia in stadio iniziale e il 9% di queste presenta tumori caratterizzati sia dalla sovraespressione della proteina HER2 (HER2+) sia dalla co-espressione dei recettori ormonali. È questa la fetta di pazienti in cui occorre valutare l’opportunità di somministrare per un anno la terapia adiuvante, cioè subito dopo la chirurgia. «In questa popolazione il trattamento sistemico adiuvante con la chemioterapia, la terapia ormonale e un anno di terapia biologica con l’anticorpo anti-HER2 trastuzumab rappresenta oggi lo standard di cura ed è in grado di ridurre il rischio di recidiva e di morte – spiega Paolo Marchetti, professore ordinario di Oncologia all’Università La Sapienza di Roma e presidente della Fondazione per la medicina personalizzata -. Trastuzumab ha infatti migliorato ma non eliminato il rischio che la malattia si ripresenti. Una percentuale di pazienti infatti continua a recidivare con un picco di incidenza a 18-24 mesi dall’intervento chirurgico, anche se alcune presentano recidive tardive anche a 10 anni di follow-up. L’evento più rilevante dal punto di vista clinico, nel carcinoma mammario operato radicalmente, è proprio la comparsa di recidive a distanza, che si associa a un drammatico peggioramento prognostico».

Lo studio ExteNET

Una nuova prospettiva di cura per ridurre il rischio di recidiva vede come protagonista il farmaco neratinib, come rivela lo studio ExteNET. Nello studio sono state prese in esame 2.840 donne con carcinoma della mammella in stadio iniziale, caratterizzato da sovraesposizione della proteina HER2 e positività ai recettori ormonali. Le pazienti sono state trattate per 12 mesi con neratinib, dopo aver completato il trattamento adiuvante standard di un anno con una terapia anti-HER2 (trastuzumab).

I benefici della terapia estesa

Ebbene i dati raccolti nello studio ExteNET hanno dimostrato che l’estensione della terapia adiuvante permette di ridurre del 42% il rischio di recidiva a cinque anni e i dati aggiornati hanno evidenziato che neratinib può dimezzare il rischio di morte ed è in grado di ridurre di due terzi il rischio di sviluppare metastasi cerebrali. «Le percentuali di guarigione sono ancora lontane dal teorico 100% a cui, idealmente, vogliamo tendere — fa notare Marchetti —. Neratinib è già stato approvato in Europa ed è rimborsato in diversi paesi, ma non ancora in Italia. È importante che, anche nel nostro Paese, le pazienti possano accedere quanto prima alla terapia adiuvante estesa per ridurre le possibilità di ricaduta e aumentare la sopravvivenza».

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