Tumore al seno ereditario: non solo BRCA

Accanto ai geni “Jolie” ce ne sono altri che, se mutati, favoriscono l’insorgenza del cancro mammario. Tra questi Tp53, associato alla sindrome di Li-Fraumeni, che aumenta il rischio di malattia in giovane età, anche prima dei 30 anni, protagonista di una recente rassegna

Circa il 10-20% dei tumori al seno è associato all’ereditarietà di una variante patogena in un gene di suscettibilità, tra cui i ben noti geni BRCA1 e BRCA2. Tra i geni predisponenti al cancro al seno c’è anche TP53, che produce la proteina tumorale P53. Alterazioni germinali in questo gene sono associate alla sindrome di Li-Fraumeni, condizione ereditaria che predispone allo sviluppo di tumori pediatrici a esordio precoce e tumori primari multipli come sarcomi dei tessuti molli e ossei, cancro al seno, tumori cerebrali, carcinomi corticosurrenalici e leucemie. Le donne che presentano una variante patogena in questo gene hanno inoltre un rischio molto elevato, fino all’80-90%, di sviluppare il cancro al seno. Ad oggi però non ci sono dati sufficienti per dare informazioni chiare su terapia, rischio di ricadute e prognosi, come sottolineano alcuni ricercatori dell’Università di Genova in una rassegna pubblicata sulla rivista Cancer Treatment Reviews.

TP53: l’identikit

La nuova revisione fornisce una panoramica completa dei criteri per offrire il test genetico TP53, sulla prevalenza dei portatori di mutazioni in tale gene tra i pazienti con carcinoma mammario e sulle implicazioni prognostiche e terapeutiche note al momento. Gli studiosi forniscono inoltre una sintesi delle attuali indicazioni per la sorveglianza del cancro secondario e sulla sopravvivenza.

Per quanto riguarda la prevalenza del tumore mammario nelle donne mutate, essa varia dallo 0,5%, se si considerano pazienti non selezionate con carcinoma mammario, a circa il 5-10% in pazienti altamente selezionate con tumore al seno, come quelle con età molto giovane alla diagnosi o con una forte storia familiare.

Sul fronte del trattamento locoregionale, le attuali linee guida raccomandano di evitare la radioterapia e di preferire la mastectomia alla lumpectomia. «Dovrebbe essere discussa la mastectomia controlaterale che riduce il rischio e dovrebbe essere raccomandato lo screening annuale con la risonanza magnetica mammaria come prevenzione secondaria» segnalano gli autori.

Quando ricorrere al test genetico

Non è facile identificare una variante patogenetica di TP53 per la diagnosi della sindrome di Li-Fraumeni in quanto sono presenti penetranze (gravità con cui si manifesta la sindrome) e fenotipi (come si manifesta la sindrome) diversi. Inoltre, sottolineano gli autori della rassegna, «Non sono disponibili informazioni sull’utilizzo dei test a cascata per i familiari a rischio ed esistono prove limitate sulle implicazioni dei test genetici nei minori. Le attuali linee guida raccomandano che i test genetici preimpianto e i test prenatali dovrebbero essere offerti ai pazienti che desiderano concepire». Per tutti questi motivi, concludono i ricercatori italiani, qualora si sospetti un’alterazione patogenetica nel gene TP53, è importante rivolgersi a centri che possano offrire un counseling oncogenetico personalizzato e il test genetico, valutando poi anche come comportarsi con i familiari potenzialmente a rischio.

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