Test genetici per le sindromi eredo-familiari: a che punto siamo

Negli USA è stato appena proposto un disegno di legge per inserire gli screening per i tumori ereditari, per malati e sani “a rischio”, nell’Assicurazione sanitaria statale Medicare. La situazione in Italia

Un nuovo disegno di legge, presentato di fronte al Congresso degli Stati Uniti, propone di estendere anche all’Assicurazione sanitaria pubblica Medicare la possibilità per gli individui con storia personale e/o familiare indicativa di predisposizione ereditaria a tumori di accedere gratuitamente ai test genetici e ad alcune misure di prevenzione. Ovviamente l’augurio è che il provvedimento venga approvato e che magari sia da stimolo per altri paesi, Italia compresa, dove l’accesso ai test genetici presenta ancora delle note dolenti e, soprattutto, non è uniforme su tutto il territorio. Ne parliamo con Maurizio Genuardi, direttore della Genetica Medica della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Mutagens.

Maurizio Genuardi

Test genetici per i “sani” a rischio

In Italia le persone che hanno un tumore e rispondono ai criteri di rischio, quindi la cui storia personale o familiare è indicativa di una possibile predisposizione ereditaria, accedono ai test genetici di screening gratuitamente. Quello che varia da regione a regione è il percorso per i familiari a rischio e questo è il punto dolente, come fa notare Maurizio Genuardi. «Alcune regioni italiane hanno dei percorsi e dei protocolli grazie ai quali le persone, anche sane, che sono ad alto rischio di sviluppare un tumore su base ereditaria, e quindi con un’alterazione genetica germinale accertata, possono fare il test gratuitamente e allo stesso modo, se il test è positivo, entrano in percorsi di prevenzione (chirurgia di riduzione del rischio o di sorveglianza). Tuttavia questo non succede in modo uniforme in tutto il Paese. In alcune regioni gli individui “sani”, ma a rischio, pagano il ticket sia sul test genetico sia per gli esami successivi. Si tratta di una grave carenza del nostro Sistema sanitario nazionale».

Disparità nei criteri di selezione

L’acceso ai test genetici e ai percorsi di sorveglianza per i “sani” a rischio, oltre a non essere uniforme su tutto il territorio italiano, presenta delle differenze anche nei criteri di selezione tra regione e regione. «Mentre il nuovo disegno di legge proposto negli USA suggerisce di seguire criteri di selezione dei soggetti a rischio più “rilassati”, meno restrittivi, individuati fra quelli stabiliti da linee guida di associazioni professionali e scientifiche riconosciute, in Italia questa scelta viene invece demandata a esperti regionali, senza fare riferimento a linee guida nazionali o internazionali» puntualizza Genuardi.

Linee guida italiane

In Italia attualmente non esistono delle linee guida nazionali per le sindromi ereditarie associate a una predisposizione ai tumori. La loro realizzazione potrebbe avere importanti implicazioni e contribuire a uniformare sia l’accesso ai test genetici sia i criteri di selezione per la presa in carico dei pazienti. «Finalmente ci si sta muovendo in questa direzione – segnala l’esperto -. Infatti AIOM (Associazione italiana oncologia medica), in collaborazione con altre società scientifiche, tra cui SIGU (Società italiana di genetica umana) e AIFET (Associazione italiana familiarità ereditarietà tumori), alcune organizzazioni di pazienti (tra cui la Fondazione Mutagens) ha appena avviato un tavolo di lavoro per redigere delle Linee guida nazionali sulle sindromi ereditarie che rappresenterà un riferimento importante per i decisori politici, a tutti i livelli».

Percorsi di prevenzione e sorveglianza

Nella proposta di legge americana, come accennato, si parla di test genetici, ma anche di protocolli di prevenzione e sorveglianza e quindi di copertura dell’assicurazione statale per tutte le procedure di screening previste nei percorsi di alto rischio nonché per gli interventi di chirurgia preventiva.

«In Italia gli interventi di chirurgia profilattica sono gratuiti dappertutto, in particolare quelli di mastectomia e annessiectomia per le donne portatrici di varianti patogenetiche nei geni BRCA o altri geni di alto rischio per carcinoma mammario od ovarico. Diversamente, in alcune regioni indagini diagnostiche come le risonanze magnetiche e altri controlli per le persone sane, ma ad alto rischio genetico, sono soggetti a pagamento di ticket come per i test genetici – ricorda Genuardi -. Al di là del fatto che ora la sanità pubblica statunitense ha riconosciuto l’importanza dello screening genetico e della sorveglianza per i soggetti già malati e per quelli sani a rischio, negli USA da molti anni le assicurazioni private offrono questi test, e hanno iniziato a renderli disponibili prima ancora che venissero coperti dal sistema sanitario in Italia. Se poi vogliamo fare il parallelo tra assicurazioni private, in Italia oggi molte assicurazioni private fanno difficoltà a rimborsare i test genetici mirati alla prevenzione».

Test genomici per le mutazioni somatiche

Non se ne fa menzione nella proposta di legge americana, ma è un tema su cui oggi c’è grande attenzione: stiamo parlando dei test genomici sul DNA tumorale per individuare eventuali mutazioni somatiche che indirizzano la cura. «Esistono diversi test di profilazione specifici per alcuni tipi di tumori che sono riconosciuti e rimborsati dal sistema sanitario. Ogni tumore ha i suoi bersagli molecolari specifici che devono essere testati per vedere se rispondono o meno a determinate terapie – spiega l’esperto -. Per esempio, il tumore della mammella ha BRCA1 e BRCA2, che possono essere alterati nella linea germinale, ma occasionalmente anche in quella somatica, il melanoma ha il gene BRAF, il tumore del polmone EGFR e altri geni, e così via. Però il quadro sta cambiando rapidamente perché si vanno scoprendo sempre più marcatori molecolari di risposta a specifiche terapie. Ci sono delle company che fanno un’analisi genomica ampia (come Foundation One di Roche), a carico del paziente, ma ci sono anche alcuni ospedali che hanno dei programmi di ricerca che testano i pazienti per centinaia di diversi bersagli genetici con ricadute potenzialmente rilevanti».

Profilazione genomica e bersagli molecolari

Non di rado i test genomici individuano bersagli genetici non caratteristici per lo specifico tipo di tumore. Per esempio, può succedere che analizzando il tessuto tumorale di una paziente con carcinoma della mammella, il test genomico sul DNA tumorale rilevi una mutazione del gene BRAF, che, come detto sopra, non è specifico per la mammella ma per il melanoma. In questi casi è possibile ipotizzare, in via compassionevole, l’uso nella donna con il cancro al seno di farmaci utili per il melanoma BRAF mutato. Questo approccio sta diventando sempre più diffuso, come segnala Genuardi. «In quest’ottica, il Policlinico Gemelli ha inaugurato, all’inizio di quest’anno, un programma di profilazione genomica oncologica, denominato FPG500, con il quale vengono testati nove tipi di tumori diversi per 500 geni differenti. Con questi esami, che sono in prima istanza mirati all’individuazione di mutazioni somatiche per indirizzare a terapie personalizzate, però si può trovare anche un’alterazione in un gene, come BRCA1 o BRCA2, implicato in una sindrome di predisposizione ereditaria a tumori. In questi casi si procede alla conferma diagnostica per la presenza di una variante germinale su sangue venoso o altro tessuto normale. L’eventuale conferma fa scattare un percorso di prevenzione che coinvolge i familiari. In pratica, con il nostro programma cerchiamo le mutazioni somatiche nel tumore e, quando queste riguardano geni responsabili di sindromi ereditarie, il paziente viene indirizzato alla verifica sul sangue periferico per vedere se la mutazione riscontrata è germinale. Tutto questo viene gestito attraverso un Molecular Tumor Board multidisciplinare che comprende oncologi, bio-informatici, genetisti, e altri specialisti» conclude Genuardi.

Allo stato attuale, mentre i test per le mutazioni somatiche su cui ci sono più evidenze sono garantiti dal Sistema sanitario nazionale, questi pannelli più ampi sono solo sperimentali.

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