Terapia personalizzata per 4 pazienti su 10 grazie all’analisi genetica del tumore

I risultati dello studio NCI-MATCH, pubblicati sul Journal of Clinical oncology, indicano quanto l’esecuzione dei test genetici sulle cellule tumorali possa offrire vantaggi per l’identificazione di terapie mirate

Cinque anni fa l’ECOG-ACRIN Cancer Research Group e il National Cancer Institute (NCI) statunitense hanno dato via insieme a un innovativo e ampio studio di medicina di precisione, chiamato NCI-MATCH (NCI-Molecular Analysis for Therapy Choice, ovvero Analisi molecolare per la scelta terapeutica). Scopo della ricerca accoppiare le mutazioni genetiche all’origine del tumore del singolo paziente ai farmaci approvati o sperimentali che agiscono su quelle alterazioni genetiche.
Dai primi dati della ricerca, pubblicati sul Journal of Clinical Oncology è emerso che ogni singolo paziente ha il 40 per cento delle possibilità di presentare una mutazione genetica all’origine del proprio tumore per la quale è già disponibile o in fase di sviluppo un farmaco.
Nello studio sono stati finora analizzati geneticamente i campioni di tessuto tumorale di quasi 6000 pazienti, resistenti a uno o più trattamenti standard, oppure affetti da tumori rari contro i quali non è disponibile un trattamento standard. La ricerca dimostra come l’esecuzione dei test genetici rappresenti una grande opportunità per individuare terapie mirate.

Tumori, mutazioni e terapie

I dati raccolti hanno evidenziato un altro dato interessante, ovvero che il tasso complessivo di corrispondenza tra mutazioni genetiche e farmaci varia tra i diversi tipi di tumore e, a sorpresa, sembrerebbe maggiore per i tumori meno comuni. Oltre il 25 per cento dei pazienti con melanoma, tumori del dotto biliare, della prostata, dell’utero, del giunto gastroesofageo, del tratto urinario, del sistema nervoso centrale o della cervice uterina presentava mutazioni genetiche che corrispondevano ai farmaci coinvolti nello studio. Questa percentuale è scesa al 6 per cento nei pazienti con cancro del pancreas e si è attestata al 17 per cento per i quattro tumori più comuni, ovvero quelli della mammella, del colon-retto, del polmone non a piccole cellule e della prostata.

Un’altra osservazione interessante fatta dagli autori dello studio riguarda il fatto che le mutazioni genetiche non sembrerebbero cambiare molto nel tempo e in seguito ai trattamenti. I profili genetici dei tumori primari rispetto a quelli metastatici non sembrerebbero infatti molto differenti. Anche se è prematuro, ricordano i ricercatori, trarre delle considerazioni conclusive visto che non hanno potuto contare su un database di tumori metastatici da confrontare con il Cancer Genome Atlas, un database (TCGA) che raccoglie i profili genetici dei tumori primari per lo più non trattati.
Infine dallo studio è emerso che alcuni pazienti non presentavano un’unica mutazione, ma diverse anomalie allo stesso tempo in grado di favorire lo sviluppo del tumore. Scoperta che potrebbe aprire la strada alla ricerca di combinazioni di terapie target e altri trattamenti per combattere più anomalie allo stesso tempo.

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