La storia di SilviaLa notizia della presenza di una variante patogenetica nel gene BRCA1 (Sindrome HBOC – Alto Rischio Cancro alla Mammella e all’Ovaio) arriva per il mio 40mo compleanno: ammetto che, di malavoglia, avevo fatto felice mia madre che insisteva da tempo sull’opportunità del test genetico, dal momento che la storia di tumori al seno e all’ovaio nella mia famiglia era purtroppo sfavorevole. Ricordo ancora il colloquio multidisciplinare con il team medico dell’Ospedale San Raffaele, dal quale ero uscita abbastanza scossa, ringraziando il destino di avere già due figlie (femmine) e di aver avuto questa notizia non a vent’anni, perché ciò mi avrebbe segnato maggiormente l’esistenza.Accompagnata da mio cugino, giovane radiologo nello stesso ospedale, intraprendo il percorso di sorveglianza intensificata per le donne mutate BRCA: risonanza, ecografia, mammografia e un continuo pressing dei clinici per l’annessiectomia preventiva, che rifiuto.A ottobre 2019 la notizia di un nodulo maligno squarcia la routine: mastectomia totale bilaterale e un esame istologico che decreta: carcinoma al seno triplo negativo. Seguono quattro cicli di chemio, ben supportati, dopo otto mesi annessiectomia bilaterale profilattica e finalmente a febbraio 2021 inserimento delle protesi definitive. Avere consapevolezza di un forte rischio mi ha aiutata, nel momento del bisogno, a capire velocemente quale era il percorso migliore da intraprendere: se a mente serena avessi dovuto scegliere in dieci giorni di levarmi il mio meraviglioso seno o se tenerlo con il rischio che il tumore si ripresentasse non so se avrei agito con la stessa lucidità. Sapere, oltre a salvare la vita (io con il mio triplo negativo avrei rischiato tantissimo) aiuta ad affrontare rapidamente le situazioni più critiche.E non smetterò mai di ringraziare mia madre per avermi portato quel luglio controvoglia a Milano a fare il prelievo. Le mie figlie a 18 anni faranno il test: nella speranza che non abbiano ereditato la nostra mutazione. Abbiamo già parlato di tutto e sono state al mio fianco nell’affrontare la malattia, per cui sanno che informarsi, parlare e se capita affrontare con fiducia, si può fare.Grazie a Salvo Testa, mio professore alla Bocconi, che ho ritrovato qui nella veste di presidente di Mutagens.La storia di SilviaCondividi sui socialFacebookLinkedInTwitter
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