Sindromi eredo-familiari rare: quando sospettarle e come identificarle

Accanto alle più note e diffuse condizioni di predisposizione ai tumori associate ai geni BRCA e a quelli del mismatch repair (MMR) della sindrome di Lynch, ne esistono diverse altre più rare. Scoprirle può essere meno immediato, ma avere comunque ricadute importanti come ci spiega Emanuela Lucci Cordisco della Genetica medica della Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, ricercatrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e componente del Team Genetica di Mutagens

Circa il 10% per cento dei tumori è associato a sindromi eredo-familiari, condizioni che, per via della presenza di particolari mutazioni germinali, aumentano il rischio di sviluppare il cancro. Le più comuni sono la sindrome di Lynch, associata a varianti patogenetiche (mutazioni) nei geni del mismatch repair (MMR), e quella del cancro della mammella, dell’ovaio, della prostata e del pancreas, associata a varianti patogenetiche nei geni BRCA1 e 2. Esistono però molte altre sindromi, come la poliposi adenomatosa familiare, l’adenocarcinoma gastrico diffuso ereditario, la sindrome di Cowden e quella di Li Fraumeni, per citarne solo alcune, che dipendono anch’esse da particolari alterazioni germinali. Queste sindromi sono molto più rare ma la loro identificazione è altrettanto importante per diversi motivi. Ma quando bisogna sospettarle? Come possono essere identificate? Che cosa comporta la loro individuazione? Ne parliamo in questa intervista con Emanuela Lucci Cordisco, dirigente medico dell’Unità operativa complessa di Genetica medica della Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, ricercatrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e componente del Team Genetica di Mutagens.

Quando va sospettata una sindrome eredo-familiare?

Ci sono diversi elementi che devono far nascere il sospetto di una sindrome eredo-familiare associata a un rischio elevato di ammalarsi di cancro. Lo sviluppo di uno stesso tumore in più soggetti della stessa famiglia, la sua insorgenza in giovane età, l’insorgenza in uno stesso individuo di più tumori che colpiscono organi diversi o ancora la ricorrenza di tumori differenti nei familiari, sono tutti elementi che meritano attenzione e dovrebbero condurre a una consulenza genetica. In questa occasione il paziente deve raccontare la propria storia familiare e possibilmente portare la documentazione relativa alle neoplasie occorse nella famiglia. Le caratteristiche istologiche dei tumori che hanno sviluppato i familiari piuttosto che le sedi e gli organi interessati possono infatti indirizzare il genetista e, quindi i test genetici, verso una condizione piuttosto che un’altra.

Pensiamo al tumore al seno, la neoplasia più frequente nel genere femminile. Come ben noto il riscontro di varianti patogenetiche germinali a livello dei geni BRCA1 o BRCA2 è associato a un aumentato rischio di sviluppare una forma ereditaria di carcinoma mammario e/o ovarico (ma possono essere interessati anche altri organi e gli uomini). Tuttavia in alcuni casi possono essere coinvolti anche altri geni e altre sindromi più rare, come quelle di Li Fraumeni o di Cowden.

Quali sono i fattori che fanno ipotizzare sindromi eredo-familiari più rare e come è possibile diagnosticarle?

A volte capita che in alcune famiglie ci sia il sospetto di una sindrome genetica associata al rischio di tumore, magari per la presenza di più casi di carcinoma mammario o anche di altre neoplasie. In prima istanza in genere si propone il test BRCA (questi geni sono i più investigati perché coprono almeno il 30% delle famiglie in cui si sospetta una familiarità/ereditarietà nel tumore alla mammella), ma questo può risultare negativo o meglio non informativo, in quanto si è cercata una condizione genetica e non la si è trovata. Tuttavia il quesito rimane aperto: non l’ho trovata perché non c’è o non l’ho trovata perché non l’ho cercata nel gene giusto. Negli ultimi anni stanno prendendo piede pannelli multigenici, in grado di analizzare più geni contemporaneamente, che in molti casi possono aiutare a dirimere questi dubbi. Le indicazioni per questi pannelli sono diverse e comprendono anche il sospetto di sindromi più rare.

Quando si fa una consulenza genetica e si propone un pannello multigenico, magari perché si sospetta una sindrome diversa da quella associata ai geni BRCA, è importante segnalare al paziente anche i possibili passaggi successivi a seconda del risultato genetico. Nei casi in cui, le informazioni a nostra disposizione facciano pensare a un probabile coinvolgimento di BRCA, anticipiamo alla donna la possibilità di dover rimuovere le ovaie. Quando proponiamo pannelli per altri geni legati a differenti sindromi, dovremmo, anche in questi casi, spiegare al paziente che ci potrebbero essere altri organi a rischio, a seconda della sindrome sospettata, e la necessità poi di una sorveglianza specifica. È necessario che le persone comprendano bene questo aspetto per non essere disorientate nella consulenza post-test genetico.

Come già accennato, il tumore della mammella può essere associato alla presenza di varianti patogenetiche nei geni BRCA, ma anche in altri geni, come il gene CDH1 responsabile dell’’adenocarcinoma gastrico diffuso (sindrome caratterizzata da insorgenza giovanile di tumore gastrico e della mammella), così come ad altre sindromi, per esempio quella di Li Fraumeni. Quest’ultima è una condizione dove c’è un ampio spettro di neoplasie, per esempio sarcomi ossei e dei tessuti molli, tumori della mammella, leucemie, carcinomi surrenalici. Inoltre alcuni di questi tumori possono avere caratteristiche istologiche particolari, oltre a poter insorgere in giovane età, addirittura in qualche caso anche nell’infanzia (è il caso dei tumori cortico-surrenalici e di alcune forme di leucemia).

Un caso particolare di sindrome eredo-familiare è quello della sindrome di Cowden, così definita quando comporta una predisposizione ai tumori. Ma il gene responsabile (PTEN), ha una espressività (manifestazioni cliniche) molto variabile e può associarsi, nei bambini, anche a ritardo dello sviluppo e disturbi dello spettro autistico. Quindi in una famiglia può capitare che i genitori siano a rischio di tumori e i figli invece abbiano una storia di disabilità intellettiva. In questo caso si può addirittura partire dalla disabilità dei figli per fare una diagnosi di questa condizione di predisposizione ai tumori negli altri membri della famiglia.

Quali ricadute comporta la diagnosi di sindromi rare?

Diagnosticare una forma genetica piuttosto che un’altra è molto importante per stabilire quali sono i rischi associati e quale strategia di prevenzione quindi attuare. L’utilità primaria dello screening genetico è quella della prevenzione ed occorre una diagnosi corretta, perché il paziente possa beneficiare di misure personalizzate e adeguate. Non solo, alcune sindromi genetiche cominciano ad avere una terapia specifica, come nel caso di BRCA (PARP inibitori, terapie a bersaglio molecolare).

Ma le ricadute non riguardano solo il paziente stesso perché l’esecuzione dei test a cascata sui familiari può evidenziare chi è a rischio e non sapeva di esserlo così come chi pensava di essere a rischio (a causa di tanti casi di tumore in famiglia) ma in realtà non lo è o, meglio, ha un rischio analogo a quello della popolazione generale, non avendo ereditato la condizione di predisposizione. Strategie di screening e di prevenzione personalizzate possono quindi essere messe in atto anche sui familiari risultati portatori di varianti patogenetiche.

Ovviamente, vale la pena ricordarlo, si eredita un rischio aumentato, non si eredita il tumore. Una buona prevenzione può portare a non avere il tumore o a scoprirlo nei suoi primi stadi. Se, per esempio, si identifica un polipo a rischio, lo si toglie e si evita la malattia.

Alla luce delle nuove conoscenze sulle sindromi di predisposizione ai tumori su base genetica e degli sviluppi nell’ambito delle analisi genetiche, c’è un ultimo aspetto da non trascurare e riguarda quelle persone nelle quali, nonostante una storia familiare di tumori, non sia stata identificata una sindrome eredo-familiare (test genetico con risultato non informativo). È opportuno che quelle persone eseguano nuovamente una consulenza genetica. Non è detto, infatti, che un test genetico risultato negativo 10-15 anni fa, sia necessariamente negativo ancora adesso perché sono cambiate le tecniche di analisi dello stesso gene oppure perché è possibile che sia coinvolto un altro gene identificato nel frattempo e per cui ora si possono fare test mirati. In questi casi, l’esecuzione di una consulenza genetica e di un test genetico con pannelli multigenici potrebbe essere risolutiva per il soggetto e, successivamente, per i familiari sani a rischio.

© 2022 Fondazione Mutagens ETS. Tutti i diritti riservati.

Leggi altre notizie