Sindrome di Lynch: nuove prospettive grazie a vaccini mirati

Allo studio due nuovi approcci vaccinali per prevenire o ritardare l’insorgenza dei tumori associati a questa condizione, la causa più comune di cancro del colon-retto ereditario

Avviate negli Stati Uniti due nuove sperimentazioni con due strategie vaccinali differenti che mirano a prevenire o ritardare l’insorgenza dei tumori associati alla sindrome di Lynch. Questa condizione ereditaria, definita dalla presenza di una variante patogenetica germinale in uno dei geni di riparazione del DNA (geni del mismatch repair MLH1, MSH2, MSH6, PMS2) o del gene EpCAM, espone a un aumento del rischio di sviluppare neoplasie in vari distretti del corpo anche ad insorgenza giovanile, le più frequenti a carico del colon-retto e dell’utero (endometrio).

Le sperimentazioni in corso

I due approcci vaccinali in fase di studio utilizzano strategie diverse per cercare di immunizzare gli individui ad alto rischio contro i tumori associati alla sindrome di Lynch. Entrambi puntano a proteine ​​uniche delle cellule tumorali o espresse in modo eccessivo dal tumore, ma raramente espresse in cellule sane, per generare una forte risposta del sistema immunitario. Quelli in sperimentazioni sono vaccini adenovirali, ovvero che utilizzano come vettori adenovirus (i virus che causano il comune raffreddore) indeboliti o inattivati.

I test del vaccino denominato Nous-209 sono iniziati lo scorso settembre e i ricercatori prevedono di arruolare 45 individui. Quello con questo vaccino è uno studio di fase 1, che valuterà sia la sicurezza sia la capacità del vaccino di generare una risposta immunitaria, in soggetti con mutazioni germinali accertate in uno dei cinque geni associati alla sindrome di Lynch che non hanno ancora sviluppato neoplasie.

La sperimentazione con i vaccini Tri-Ad5, sta valutando tre diversi vaccini ed è iniziata a marzo. In questo caso si tratta di uno studio di fase II che prevede l’arruolamento di 186 partecipanti. La ricerca mira a confermare la presenza di una risposta immunitaria e a valutare se i vaccini siano in grado di ridurre le lesioni precancerose e i nuovi tumori in individui sopravvissuti al cancro del colon-retto e in soggetti con lesioni precancerose che li espongono ad alto rischio di ulteriore sviluppo della malattia.

Le strategie vaccinali

«Entrambi i regimi vaccinali puntano ad addestrare il sistema immunitario a riconoscere i primi segnali di sviluppo del tumore e ad interromperli presto per ottenere l’immunità» dice Eduardo Vilar-Sanchez, vicedirettore del Dipartimento di prevenzione clinica del cancro presso il MD Anderson Cancer Center dell’Università del Texas nonché uno dei ricercatori coinvolti nelle due sperimentazioni.

Il vaccino Nous-209, così chiamato per il numero di neoantigeni (molecole riconosciute come estranee dal sistema immunitario del singolo individuo e tipiche del tumore) che contiene e per il nome dell’azienda Nouscom che lo ha sviluppato (che ha sede in Svizzera), impiega quello che gli investigatori chiamano un approccio “di forza bruta”. In pratica il vaccino contiene 209 frammenti di neoantigeni specifici del cancro espressi solo nei tessuti precancerosi o maligni di individui con sindrome di Lynch che i ricercatori sperano possano stimolare un importante attacco del sistema immunitario in grado di “stroncare” il cancro alla sua origine.

Per contro i vaccini Tri-ad5 dello studio di fase II, sviluppati attraverso un programma interno del National Cancer Institute (NCI), si basano su tre antigeni associati al tumore che sono sovraespressi nelle cellule tumorali, ma si trovano anche in misura minore nei tessuti sani. 

Le prospettive

I nuovi approcci vaccinali sono in una fase di sperimentazione molto iniziale e sono già emersi alcuni punti dolenti. Nonostante gli ostacoli, i ricercatori americani sono ottimisti e vedono i due studi come un passo in avanti verso una nuova era in cui i vaccini, terapeutici e/o preventivi, compresi gli innovativi vaccini a mRNA, avranno un ruolo sempre maggiore in ambito oncologico.

Sebbene l’obiettivo immediato sia alleviare il carico di cancro negli individui ad alto rischio in quanto affetti da una sindrome genetica di predisposizione ai tumori, dicono i ricercatori, alla fine la speranza è quella di creare vaccini pronti all’uso che funzionino contro i tumori nella popolazione generale, non appena si presentano. Ovviamente si tratta di un obiettivo non raggiungibile a breve termine, ma l’auspicio è che in futuro ci si possa riuscire.

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