18 Maggio 2022Rapporto FAVO: focus su sindromi ereditarie e percorsi ad alto rischioApprofondimenti e interviste Il documento affronta moltissimi temi: dal Piano di recupero post-pandemia alle “leve” per migliorare l’assistenza. Il punto sul capitolo dedicato ai tumori eredo-familiariÈ appena stato presentato in Senato, in occasione della XVII Giornata nazionale del malato oncologico, il 14° Rapporto FAVO sulla condizione assistenziale dei malati oncologici. Molti i contenuti di interesse, a partire dal Piano straordinario di recupero per l’oncologia post-pandemia, lanciato da FAVO (Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia) e All.Can Italia, con il contributo tecnico di Iqvia. Un Piano che, con una prospettiva orientata al paziente e al Sistema sanitario nazionale (SSN), identifica 10 leve strategiche e 40 azioni concrete, la cui realizzazione potrà avvalersi di molteplici opportunità in termini di risorse, compreso il PNRR.Il Piano di recupero post-pandemia«La pandemia ha rappresentato uno tsunami per i malati di cancro – afferma Francesco De Lorenzo, presidente FAVO – e ha portato allo scoperto i deficit strutturali e le contraddizioni del SSN che hanno causato una crisi del sistema. Il grido di allarme sull’emergenza oncologica lanciato da FAVO nel luglio 2020 è stato recepito da Camera e Senato, attraverso risoluzioni approvate alla unanimità con la richiesta al Governo di adottare un Piano straordinario di recupero e un Piano oncologico nazionale con l’indicazione puntuale di attività, tempistiche e finanziamenti, anche avvalendosi del PNRR».Il Piano straordinario di recupero per l’oncologia post-pandemia deve partire urgentemente dalla programmazione di azioni concrete per migliorare i percorsi ospedale–territorio. Per quanto concerne il nuovo Piano oncologico nazionale è necessario invece definire l’appropriatezza dei setting in base al percorso di cura del paziente oncologico e oncoematologico, valorizzando da un lato la medicina di prossimità e dall’altro il ruolo degli IRCCS e dei Centri di eccellenza. È prioritario investire sugli screening oncologici, riqualificare le cure intermedie e l’ADI (Assistenza domiciliare integrata) nonché aumentare l’accesso all’innovazione scientifica.Elisabetta IannelliL’approfondimento sulle sindromi ereditarieAll’interno del Rapporto FAVO, per la prima volta, è stato dato spazio a un ampio capitolo sulle “Sindrome ereditarie e percorsi alto rischio eredo-familiare” redatto da Salvo Testa, presidente della Fondazione Mutagens, con il contributo di alcuni dei suoi principali partner.Accanto alle importanti iniziative legate al Piano di recupero dell’oncologia post-pandemia, FAVO, che guarda sempre avanti, ha accolto con entusiasmo l’approfondimento come fa notare Elisabetta Iannelli, segretario generale FAVO, vice-presidente AIMaC (Associazione italiana malati di cancro) e partecipante onoraria Fondazione Mutagens. «I PDTA alto rischio per le sindromi ereditarie rappresentano un’evoluzione importante per il futuro dell’oncologia, offrendo la possibilità di intercettare precocemente e quindi curare in modo mirato molte neoplasie o addirittura di intervenire, con trattamenti profilattici oppure con sorveglianza attiva ravvicinata e scadenzata nel tempo, prima che la malattia oncologica si sviluppi. Si tratta di un valore aggiunto enorme, prima di tutto per le persone, ma anche per l’intero Sistema sanitario con ricadute anche sul welfare. Dal punto di vista sanitario, infatti, costa molto meno prevenire, con uno screening precoce o un trattamento chirurgico profilattico, piuttosto che dover curare, magari per anni, un tumore che nel frattempo si è sviluppato. Siamo arrivati a un punto di svolta: la genetica, lo studio del DNA, la ricerca delle mutazioni germinali e somatiche hanno oggi sempre più un ruolo fondamentale».Salvo TestaLo “stato dell’arte” sui percorsi ad alto rischio«Si calcola che siano almeno 500 mila le persone con sindromi ereditarie associate allo sviluppo di tumori, tuttavia, nonostante questi numeri, l’attuazione concreta dei PDTA alto rischio, sia a livello regionale sia e soprattutto a livello di aziende ospedaliere, ha finora subito notevoli ritardi e ha evidenziato diversi limiti – spiega Salvo Testa, nell’introduzione del capitolo sulle sindromi ereditarie contenuto nel Rapporto FAVO -. Finalmente però iniziamo a intravedere segnali positivi che potrebbero portare a una svolta nella presa in carico dei soggetti con sindromi ereditarie, a partire dalle più note e diffuse (sindrome HBOC-BRCA e sindrome di Lynch) fino ad arrivare alle condizioni più rare, oggi per lo più orfane non solo di linee guida nazionali, ma anche di percorsi regionali».Tra i “segnali positivi” vanno annoverate senz’altro le Raccomandazioni e i Position paper su tumori e sindromi ereditarie redatti da AIOM. Non solo, la stessa AIOM ha avviato, in accordo con l’ISS (Istituto superiore sanità), un tavolo di lavoro per l’approvazione di Linee guida nazionali sui tumori ereditari. Ancora il Ministero della Salute, terminata l’emergenza Covid-19, dovrebbe finalmente avviare l’attuazione del Piano sulle scienze omiche, favorendo lo sviluppo dell’oncogenetica mutazionale e della medicina di precisione, all’interno delle quali i soggetti portatori di sindromi ereditarie costituiscono una nicchia di grande interesse per la ricerca e la sperimentazione clinica.Test geneticiNel capitolo sulle sindromi ereditarie non poteva mancare un focus sui test genetici, realizzato da Emanuela Lucci Cordisco, medico genetista presso la Fondazione Policlinico Universitario Gemelli IRCCS di Roma, oltre che coordinatore del Gruppo di lavoro genetica oncologica della SIGU (Società italiana di genetica umana).La genetista ha posto subito l’attenzione sui numeri dei tumori ereditari. «In passato si stimava che circa il 5-10% dei tumori fosse associato ad una condizione genetica ereditaria di predisposizione a neoplasie. Tale percentuale secondo dati recenti potrebbe arrivare fino al 17%» fa notare Lucci Cordisco. Ciò ribadisce non solo l’importanza dello screening genetico, ma ci fa capire che bisogna intercettare molte più persone di quante finora immaginate. A questo scopo occorre agire innanzitutto sui test genetici sul sangue, che in genere vengono fatti quando una persona si ammala di cancro e si osserva una familiarità. Per migliorare la diagnosi delle sindromi ereditarie, soprattutto di quelle più rare, oggi sempre più si può contare sui pannelli multi-gene. «In alcuni casi la diagnosi arriva in seguito a un test eseguito a partire dal tessuto neoplastico ed eseguito a fini prognostici e predittivi di risposta alla terapia – puntualizza Lucci Cordisco -. In questi casi la presenza dell’alterazione viene rilevata nel tumore e in seguito confermata a livello germinale, configurando la presenza della predisposizione ereditaria».Profilazione molecolareSul fatto che i test di profilazione molecolare su DNA tumorale possono rappresentare un ulteriore strumento di screening delle persone con varianti patogenetiche germinali concorda anche Fiamma Buttitta, professore ordinario di anatomia patologica all’Università G. D’Annunzio di Chieti-Pescara e coordinatrice del Gruppo sui tumori eredo-familiari della SIAPEC (Società italiana di anatomia patologica e citopatologia). «Lo screening genetico esclusivamente basato sulla storia personale e familiare di pazienti oncologici e sulle attuali linee guida potrebbe determinare una sottostima della reale incidenza delle sindromi neoplastiche su base ereditaria – scrive Fiamma Buttitta nel capitolo -. Si sono pertanto aperti nuovi scenari che possono aiutare a caratterizzare come ereditarie alcune forme neoplastiche in precedenza non riconoscibili come tali. Ad esempio, la possibilità di indagare in alcune forme tumorali un numero più elevato di geni implicati in forme neoplastiche ereditarie; la possibilità di evidenziare, in tempi più ristretti, alterazioni mutazionali complesse, come traslocazioni/fusioni o ampie delezioni. Un ulteriore approccio diagnostico per identificare alterazioni molecolari ereditariamente trasmesse è quello che passa attraverso una diagnosi patologica accurata di lesioni tumorali, apparentemente esordite come somatiche. In questi casi, in presenza di dati clinico-patologici sospetti per sindrome eredo-familiare, il patologo può avviare su tessuto un test di profilazione molecolare dedicata, come strumento di screening. I pazienti risultati positivi dovranno poi essere indirizzati al genetista che valuterà la natura effettiva della alterazione genetica attraverso test genetico su sangue periferico».Modello di High risk center dell’IEO«Quello dell’Istituto europeo di oncologia (IEO) è uno dei modelli organizzativi più evoluti per la presa in carico delle persone con sindrome ereditarie. Proprio per questo motivo – spiega Salvo Testa – abbiamo voluto dedicargli uno spazio nel capitolo sui PDTA alto rischio». In particolare ne ha parlato Bernardo Bonanni, direttore della Divisione di prevenzione e genetica oncologica nonché coordinatore High risk center (HRC) dell’IEO IRCCS di Milano, sorto ormai quasi 20 anni fa.«L’HRC è cresciuto ed è stato perfezionato nel tempo, con lo scopo di offrire una struttura specialistica multidisciplinare dedicata a pazienti e familiari a probabile o confermato rischio genetico, in quanto portatori di varianti germinali che conferiscono alto rischio neoplastico. Questo include sia la presa in carico clinica completa in un percorso personalizzato, sia la possibilità di afferire a programmi specifici di ricerca» spiega Bonanni.Attualmente nel centro di IEO sono in sorveglianza circa 1000 soggetti mutati, di cui circa 300 sani, con una forte tendenza di crescita negli ultimi 5 anni e minimo drop-out (abbandono). «Molto può essere ancora fatto e perfezionato, sia come organizzazione/devices/telemedicina sia negli aspetti clinici e di offerta di trials – osserva Bonanni -. Probabilmente il modello non è del tutto riproducibile se non in Hub centers/Comprehensive cancer centers ma può essere utile come schema anche per altri Centri e Strutture ospedaliere territoriali (Spoke)».L’importanza della multidisciplinaritàNel capitolo sulle sindromi ereditarie è presente anche un contributo sulla multidisciplinarità, realizzato da Cristina Oliani, direttore dell’UOC Oncologia Polesana AULSS 5 Regione Veneto e presidente AIFET (Associazione italiana familiarità ereditarietà tumori), che riunisce l’interesse di tutti gli specialisti che intervengono nel percorso di ricerca, diagnosi, prevenzione mirata e cura dei tumori eredo-familiari e si pone come punto di riferimento per la formazione dei professionisti che intendono acquisire competenze in questo settore.«L’AIFET ha come missione specifica la definizione e il supporto all’attuazione dei percorsi di diagnosi e cura per le persone ad alto rischio genetico di tumore e la formazione di tutti i soggetti coinvolti, anche in virtù della sua multidisciplinarietà. Data l’alta incidenza e prevalenza delle neoplasie correlate alle predisposizioni ereditarie ai tumori è numerosa la popolazione che può beneficiare di protocolli di prevenzione mirata. È tempo di riconoscere i diritti delle persone ad alto rischio di tumore su base ereditaria e di rispondere ai loro bisogni di presa in carico su tutto il territorio nazionale». Tra le iniziative messe in campo da AIFET che vanno in questa direzione c’è la costituzione, in sinergia con la Fondazione Mutagens e FAVO, di una Rete di Centri di oncogenetica.In preparazione le Linee guida nazionaliL’ultimo paragrafo del capitolo sulle sindromi ereditarie riguarda un tema cruciale, quello della realizzazione di Linee guida nazionali per i tumori ereditari, argomento affrontato da Antonio Russo, direttore dell’Oncologia medica del Policlinico Giaccone di Palermo, consigliere AIOM nonché Coordinatore del Tavolo AIOM per la stesura di Linee guida nazionali sui tumori ereditari.La redazione di Linee guida è senz’altro necessaria per fronteggiare la significativa disomogeneità che esiste ancora tra le regioni italiane. Esse rappresenteranno un punto di riferimento per i clinici e i professionisti appartenenti a vari ambiti scientifici.«L’impegno di AIOM e delle Società scientifiche coinvolte sarà imponente; il panel di esperti già designato individuerà le aree di incertezza diagnostica e terapeutica nelle principali sindromi eredo-familiari. Saranno presenti una parte generale di presentazione delle principali sindromi eredo-familiari ed una parte specifica per le differenti sindromi, con il riferimento alle migliori evidenze scientifiche disponibili in letteratura sugli argomenti trattati, che sarà regolarmente aggiornata. All’interno del testo, nella sezione di appartenenza, verranno riportati i quesiti clinici ai quali le Linee Guida intendono rispondere e la conseguente raccomandazione nata dal consenso tra i membri del panel. Lo scopo sarà quello di formulare specifiche “raccomandazioni volte a migliorare e standardizzare la pratica clinica”, ad offrire al paziente sull’intero territorio nazionale la possibilità della “migliore cura” e al soggetto sano con predisposizione ereditaria ai tumori “i migliori percorsi preventivi e diagnostici”, oltre a garantire un importante riferimento basato sull’evidenza per le istituzioni nazionali e regionali e per gli organismi regolatori» conclude Russo.Antonella SparvoliCondividi sui socialFacebookLinkedInTwitter
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