Percorsi di cura per le donne con tumore al seno avanzato

L’indagine di Europa Donna per capire come si può migliorare il benessere e la gestione delle oltre 45 mila donne che oggi convivono con la malattia metastatica

Si chiama “Il Punto” l’indagine promossa da Europa Donna Italia, movimento per i diritti alla prevenzione e alla cura del tumore al seno, che mira ad aprire un dialogo con le Istituzioni per fare in modo che tutte le Breast Unit italiane abbiano un percorso di cura omogeneo per le più di 45 mila donne che oggi convivono con il cancro al seno metastatico. Il Report, che è stato svolto interpellando medici, istituzioni, analisti, società scientifiche e responsabili della programmazione sanitaria, ha evidenziato differenze tra le diverse realtà regionali e anche all’interno della stessa regione, oltre a bisogni ancora insoddisfatti delle pazienti. Proprio per tali motivi “Il Punto”, che ha ricevuto il patrocinio di Fondazione AIOM e Senonetwork Italia, sarà oggetto di un’azione di advocacy per portare le richieste di un PDTA dedicato alle pazienti con tumore al seno metastatico omogeneo a livello nazionale.

Innescare il dialogo

«Il Punto avvia un dialogo costruttivo tra gli operatori del nostro sistema sanitario: i medici, le unità ospedaliere, gli amministratori, i ricercatori, i decisori istituzionali, le società scientifiche, le aziende, gli enti regolatori e di controllo, le associazioni e – ovviamente – le pazienti – dice Rossana D’Antona, presidente di Europa Donna Italia nell’editoriale che accompagna il report -. Il Punto è uno stimolo alla co-creazione di soluzioni pratiche e condivise su tutto il territorio, perché sappiamo bene quanto sia difficile, per una donna con una malattia importante, sapere che nella propria Regione non c’è accesso ad alcuni farmaci innovativi».

I centri di senologia

L’indagine promossa da Europa Donna, per ora, è stata svolta in quattro Regioni rappresentative del Nord, del Centro e del Sud: Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Puglia, prendendo a campione 12 Breast Unit (tre per regione). A ciascun responsabile sono state rivolte alcune domande sul percorso e sulla gestione delle pazienti metastatiche.

Ebbene i dati raccolti mostrano gli sforzi e l’impegno delle singole Unità di senologia nella strutturazione di un sistema di presa in carico, sebbene ad oggi questo non si sia tradotto in un vero e proprio Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) dedicato al tumore al seno metastatico. Nella maggior parte dei centri ci sono team multidisciplinari, anche se non sempre sono formalizzati, e c’è la possibilità di tipizzare nuovamente la malattia per determinare nuovamente i marcatori molecolari per una scelta terapeutica più adatta. Per lo stesso motivo, in certi casi vengono anche effettuate indagini molecolari più sofisticate. Ancora, le pazienti vengono in genere informate sulla possibilità di partecipare a studi clinici, qualora fossero disponibili, nel centro stresso e, talvolta, anche in altri ospedali. C’è una certa attenzione anche sul piano psicologico: in caso di necessità le pazienti hanno la possibilità di accedere a un supporto psicologico. Infine, in tutte le strutture esistono servizi, più o meno strutturati, per le cure antalgiche. Insomma, le diverse Breast Unit, almeno sulla carta, offrono molti servizi, il problema è che dovrebbe esserci una maggiore omogeneità ed efficienza, motivo per cui si auspica un PDTA ad hoc per la cura della malattia metastatica. Anche perché non sempre tutto fila liscio, come segnalano le pazienti interpellate.

I bisogni insoddisfatti delle pazienti

Nelle quattro Regioni sono state raccolte anche le voci delle pazienti, una per ogni centro. Le loro richieste hanno un filo logico: la necessità di un percorso più organizzato, con meno attese, con maggiore disponibilità di altri servizi, al fine di avere una migliore qualità di vita e più tempo a disposizione per sé stesse e per la propria famiglia.

Le donne interpellate hanno in particolare segnalato le necessità di meno burocrazia nel reperimento dei farmaci oncologici, più competenze per le pratiche di invalidità, più fluidità nella prenotazione degli esami diagnostici, una maggiore disponibilità di studi clinici nonché un accesso più rapido ed efficiente ai servizi di psiconcologia.

Personalizzazione del percorso di cura

Sull’opportunità di un PDTA dedicato concordano gli stessi oncologi: un percorso organizzato potrebbe avere ricadute sulla qualità di vita delle pazienti e aiutare anche ad ottimizzare le risorse a disposizione, come osserva la professoressa Lucia Del Mastro, direttore della Clinica di oncologia medica dell’Ospedale Policlinico San Martino IRCCS, Università di Genova. «Bisognerebbe definire un PDTA dedicato per il tumore al seno metastatico più elastico, con snodi di percorsi e figure professionali coinvolte, che sia specifico per le diverse situazioni. È vero che la donna con questa forma ha bisogno di una gestione multidisciplinare e su questo non ci sono dubbi. Ma è il momento di arrivare a una personalizzazione del percorso. Ci sono casi infatti che non è necessario portare all’attenzione del core team, perché non ci sono criticità. Questo porterebbe, da un lato a un’attività più fluida e, dall’altro, ad avere più tempo nel corso delle riunioni multidisciplinari da dedicare a quei casi selezionati dove le decisioni terapeutiche non vanno assunte solo dall’oncologo ma in concerto con figure professionali con competenze complementari rispetto all’oncologo».

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