Melanoma eredo-familiare: test genetici e sorveglianza per chi è a rischio

Le strategie per l’identificazione dei pazienti con alterazioni patogenetiche ereditarie che predispongono allo sviluppo di questo tumore cutaneo e talvolta anche di altre neoplasie

Se fino a non molto tempo fa il melanoma era considerato un tumore raro, ormai da qualche anno la situazione è cambiata. Si sta infatti assistendo a un aumento dei casi, con quasi 15 mila nuove diagnosi ogni anno, complici le errate abitudini di esposizione alle radiazioni solari, ma anche la maggiore attenzione ai controlli dermatologici. In una quota non trascurabile di casi, intorno al 10%, è però evidente anche una forte familiarità o addirittura la presenza di alterazioni genetiche germinali che aumentano il rischio di sviluppare questo tumore cutaneo ed eventualmente anche altri tumori. Oggi, nei casi in cui si sospetti una componente eredo-familiare, è possibile proporre una consulenza genetica e quindi il test genetico per il melanoma ereditario nonché protocolli di sorveglianza personalizzati. Ne parliamo con la professoressa Paola Ghiorzo, ordinario di biologia e genetica all’Università degli Studi di Genova e responsabile dell’Unità di genetica dei tumori rari dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova, il primo centro in Italia a fare il test genetico per il melanoma ereditario e a impostare i protocolli di sorveglianza.

Paola Ghiorzo

I geni che aumentano il rischio

Il primo gene correlato al melanoma ereditario a essere stato identificato è l’oncosoppressore CDKN2A. Questi tipi di geni sono associati a proteine che limitano la crescita cellulare, sopprimendo di fatto eventuali tumori. Tuttavia varianti patogenetiche in questi geni risultano in una incapacità di limitare la crescita della neoplasia, favorendone così lo sviluppo. «All’inizio il test genetico per il melanoma ereditario prevedeva solo l’analisi del gene CDKN2A. Nel tempo però, anche grazie a collaborazioni con consorzi internazionali, con cui sin dall’inizio abbiamo condiviso metodologie e casistiche, abbiamo scoperto altri geni di predisposizione al melanoma, tra cui CDK4, BAP1, POT1, MITF, ATM e altri. Non solo, ci siamo accorti che alcune famiglie con mutazioni in CDKN2A avevano un aumentato rischio (seppur di poco) di sviluppare anche il tumore del pancreas – spiega Ghiorzo -. Analogamente, raccogliendo la storia familiare dei pazienti, abbiamo osservato che varianti patogenetiche nel gene BAP1 erano associate ad altri tumori nella stessa persona o nei familiari, come il mesotelioma e i tumori renali, e che il melanoma non era la neoplasia principale o necessariamente più ricorrente in questi nuclei familiari. Per cui oggi sappiamo che esistono delle sindromi ereditarie che predispongono a più neoplasie, tra cui rientra anche il melanoma, cosa che sottolinea quanto sia importante raccogliere attentamente la storia familiare. In questo modo è infatti possibile individuare condizioni che implicano rischi oncologici su più fronti e per le quali una sorveglianza avviata tempestivamente può consentire diagnosi precoci e spesso cambiare la storia clinica dei pazienti».

Dalla consulenza genetica alla sorveglianza

«Grazie alla collaborazione con l’Intergruppo Melanoma Italiano e con alcune società scientifiche (tra cui SIGU e AIFET), abbiamo recentemente avuto la possibilità di studiare in modo prospettico un’ampia casistica di melanomi ad alto sospetto di ereditarietà in circa 1000 nuclei familiari – continua Ghiorzo -. Ciò ci ha permesso di costruire una rete nella realtà italiana, condividendo consulenza genetica, pannello genetico di screening e protocolli di sorveglianza. Inoltre abbiamo creato una rete di teleconsulenza genetica. In questo modo i pazienti non si devono spostare dal proprio domicilio perché è sufficiente che facciano la visita in teleconsulenza nell’ambito del Sistema sanitario nazionale e possono accedere al servizio da qualunque regione. Il passo successivo è, qualora indicato, l’esecuzione di un test genetico per il melanoma ereditario con un pannello multigenico aggiornato e completo, che viene eseguito in maniera uguale per tutti i pazienti che poi hanno le stesse indicazioni di follow up e presa in carico».

Il pannello multigenico oggi utilizzato per lo screening del melanoma ereditario comprende una decina di geni (CDKN2A, CDK4, BAP1, POT1, MITF, ecc) nonché altri geni, a scopo di ricerca, per i quali esistono alcuni dati suggestivi di una possibile associazione con il melanoma, ma non ancora informazioni certe.

Quando bisogna sospettare l’ereditarietà del melanoma

Fino al 2016 i criteri di accesso al test genetico per il melanoma ereditario erano rappresentati dalla presenza di due o più parenti con melanoma appartenenti allo stesso ramo parentale e due o più diagnosi di melanoma nella stessa persona (melanoma multiplo). «I risultati di un recente studio nazionale che abbiamo coordinato, condotto tra il 2016 e il 2021 e pubblicato sulla rivista ESMO Open, gettano le basi per una revisione dei criteri di valutazione genetica dei casi italiani di melanoma ereditario – segnala Ghiorzo – e saranno inclusi nelle linee guida internazionali attualmente in lavorazione. I risultati del progetto mostrano che con i criteri tradizionali l’identificazione di una base genetica effettiva si riduce al 5-10% dei casi. Diminuisce la percentuale dei casi associati a CDKN2A, ma tale percentuale raddoppia includendo gli altri geni del pannello multigenico e permette di individuare nuove aggregazioni sindromiche. Ciò suggerisce che è necessaria una ridiscussione dei criteri di accesso al test genetico per individuare i soggetti a rischio in modo più efficiente. A questo scopo, varrebbe la pena di considerare anche l’età di insorgenza del tumore. In assenza di una forte storia familiare (3 o più melanomi nello stesso individuo o nel nucleo familiare), quando la diagnosi di uno o anche più melanomi arriva dopo i 60 anni, la probabilità che il melanoma sia dovuto ad una predisposizione genetica è remota e lo stesso vale se in una famiglia ci sono due casi di melanoma, ma nessuno diagnosticato prima dei 60 anni. In questi casi è infatti più plausibile che la persona abbia sviluppato il tumore a causa dei danni ambientali accumulati nel tempo. La presenza di tumori associati e in particolare di tumore del pancreas, è un forte fattore predittivo di variante patogenetica».

I nuovi criteri

Le ultime evidenze, come accennato sopra, suggeriscono la necessità di rivedere i criteri per individuare i soggetti a rischio da sottoporre ai test genetici. «I nuovi criteri che stiamo mettendo a punto valutano non solo la presenza di melanoma nelle famiglie, ma anche l’età a cui è insorta la neoplasia nonché eventuali tumori associati a sindromi che predispongono a più tumori (dal tumore al pancreas al mesotelioma ai tumori del rene, per esempio), tra cui il melanoma. Non solo, grazie alle analisi genetiche estese, sta sempre più emergendo il contributo di più geni allo sviluppo del melanoma, il cosiddetto rischio poligenico. Quest’ultimo non è dovuto a un gene con una variante patogenetica ereditaria ad alta penetranza (come per esempio nel caso di CDKN2A), bensì a contribuiti di più geni che determinano, per esempio, i fattori di rischio (fototipo chiaro, capelli rossi, cute chiara). Stiamo cercando di arrivare a discriminare le associazioni familiari in cui vi sono veri casi ereditari da quelle in cui ci sono questi geni che aumentano il rischio per via dell’effetto sul fototipo e di come mediano l’esposizione al fattore di rischio ambientale più importante, ovvero l’esposizione al sole» chiarisce l’esperta.

Prevenzione e sorveglianza

A prescindere dall’esistenza o meno di una predisposizione ereditaria, la strategia migliore per la prevenzione del melanoma è evitare le forti e scorrete esposizioni solari, proteggendo la cute sin da giovani. «Negli individui ad alto rischio per la presenza di alterazioni patogenetiche ereditarie, il cardine della sorveglianza è rappresentato dalle visite dermatologiche da eseguire in genere almeno ogni sei mesi o comunque seguendo le raccomandazioni dello specialista. Altrettanto importante è l’autoesame della pelle da parte del paziente stesso. In presenza di sindromi che predispongono allo sviluppo di più neoplasie è fondamentale fare i test genetici a cascata sui familiari e avviare eventuali protocolli di screening e diagnosi precoce anche per gli altri tumori associati» conclude Ghiorzo.

Antonella Sparvoli

© 2022 Fondazione Mutagens ETS. Tutti i diritti riservati.

Leggi altre notizie