Melanoma: 10 raccomandazioni per la diagnosi precoce

Il decalogo stilato da associazioni di pazienti e società scientifiche coinvolte nel progetto “Bersaglio Melanoma”. L’iniziativa è nata con l’obiettivo di comprendere le motivazioni che possono causare diagnosi tardive ed evidenziare punti di forza e debolezza del percorso diagnostico italiano, per ridurre i casi di questo tumore cutaneo individuati in fase avanzata

Il melanoma è la neoplasia che ha fatto registrare il maggiore incremento in un anno: dai 12.300 casi del 2019 si è passati ai ben 14.900 nel 2020. Prevenzione e diagnosi precoce possono fare molto per contrastare questo tumore ed è proprio da questa consapevolezza che ha preso vita il progetto “Bersaglio Melanoma”, promosso da AIMAME (Associazione Italiana Malati di Melanoma e tumori della pelle), APaIM (Associazione Pazienti Italia Melanoma), Emme Rouge e Melanoma Italia Onlus (MIO), con il patrocinio di ADOI (Associazione Dermatologi-Venereologi Ospedalieri Italiani), AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), IMI (Intergruppo Melanoma Italiano) e SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia Medica, Chirurgica, Estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse). Pazienti e società scientifiche hanno stilato, e sottoposto al Ministero della Salute, un decalogo di raccomandazioni e azioni concrete per consentire una diagnosi precoce e così salvare più vite.

I punti cardine

Tra le principali raccomandazioni per abbreviare i tempi della diagnosi precoce quella per cui non devono trascorrere più di 30 giorni fra il sospetto di melanoma e la prima visita specialistica dermatologica, durante la quale la pelle va esaminata utilizzando sempre il dermatoscopio, strumento ottico che permette di individuare lesioni non visibili a occhio nudo. Ancora la lesione sospetta va rimossa chirurgicamente entro un mese dalla prima visita dermatologica e il referto istologico deve avvenire entro due settimane dall’accettazione del campione. Altro punto fondamentale: è necessario che il medico comunichi personalmente la diagnosi al paziente.

“Per rispettare il termine di 30 giorni fra il sospetto di melanoma e la prima visita specialistica dermatologica, serve un percorso di prenotazione istituzionale dedicato a lesioni tumorali sospette, con l’identificazione delle classi di priorità (U: urgente, prestazione da eseguire entro 72 ore; B: breve, da eseguire entro 10 giorni) – sottolinea spiega Ketty Peris, presidente SIDeMaST -. Ai dermatologi coinvolti nel percorso ‘melanoma’ vanno garantiti il dermatoscopio e la strumentazione per documentare la lesione inviata in asportazione. Devono essere identificati ed equipaggiati i centri di riferimento provinciali con dermatoscopia digitale e microscopia confocale. Inoltre, negli ambulatori dermato-oncologici il tempo della visita non deve essere inferiore a 20 minuti per paziente. Per rispettare le tempistiche raccomandate per l’asportazione del neo, cioè non più di un mese dalla prima visita dermatologica, chiediamo un’adeguata disponibilità di ambulatori chirurgici. E perché il referto istologico sia comunicato entro due settimane dall’accettazione del campione, i laboratori devono essere forniti di strumentazioni e risorse, favorendo anche il riconoscimento di centri di riferimento per eventuali ‘seconde opinioni’”.

Le armi contro il melanoma

Prevenzione e diagnosi precoce sono le armi più importanti per sconfiggere il melanoma. Questo tumore, se scoperto in fase iniziale e asportato correttamente, è del tutto guaribile. La prevenzione si basa su alcune cautele quando ci si espone al sole e su controlli regolari della cute. In estate bisogna innanzitutto evitare l’esposizione ai raggi solari fra le 12 e le 16 e poi proteggere la pelle con un’appropriata protezione solare, cappello e occhiali da sole. Altrettanto importanti sono i controlli dei nei: se si nota la comparsa di una lesione sospetta, va prenotata subito una visita dermatologica. “La regola dell’ABCDE è il primo passo verso la prevenzione, perché aiuta a distinguere un neo da un melanoma: Asimmetria, Bordi irregolari, Colore disomogeneo, Diametro superiore a 6 mm ed Evoluzione – spiega Giovanni Pellacani, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Dermatologia del Policlinico Umberto I, Università La Sapienza di Roma -. Circa il 70% dei casi è individuato in fase iniziale. Con la realizzazione delle 10 raccomandazioni vogliamo aumentare questa percentuale”.

Le nuove cure e l’approccio multidisciplinare

“La chirurgia è il trattamento di elezione per il melanoma negli stadi iniziali – riferisce Paola Queirolo, direttore della Divisione Melanoma, Sarcoma e Tumori rari all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano -. Con l’arrivo dell’immuno-oncologia e delle terapie a bersaglio molecolare l’approccio alla malattia avanzata è cambiato radicalmente. Queste armi hanno aperto un ‘mondo’ nuovo”.  Quando il melanoma viene scoperto in fase ormai avanzata, la prima cosa da fare per scegliere il trattamento più opportuno è eseguire il test molecolare per valutare la presenza di eventuali mutazioni come fa notare Queirolo: “Nel 40-50% dei casi infatti è presente un’alterazione del gene BRAF, che identifica i pazienti che possono beneficiare della combinazione di terapie mirate, con un significativo miglioramento della sopravvivenza”.

Nel decalogo stilato dalle associazioni di pazienti e delle società scientifiche, il test molecolare per BRAF è raccomandato nel caso di melanoma in stadio avanzato o in stadio III radicalmente operato, sull’ultima lesione metastatica se disponile, altrimenti può essere eseguito sulla lesione primitiva. Ma se è importante sottoporre le lesioni avanzate a questo test, è altrettanto importante che poi la gestione del paziente sia multidisciplinare vista la complessità delle scelte terapeutiche e la disponibilità di nuovi trattamenti. “I casi devono essere discussi nell’ambito di gruppi dedicati alla patologia. La stretta collaborazione tra le diverse figure professionali coinvolte (dermatologi, patologi, oncologi, chirurghi plastici, radioterapisti e genetisti, biologi molecolari) è fondamentale per garantire il miglior percorso di cura” conclude Ignazio Stanganelli, presidente IMI e professore associato della Clinica Dermatologica dell’Università degli Studi Parma nonchè Direttore del Centro di Dermatologia Oncologica – Skin Cancer Unit dell’Istituto Tumori della Romagna IRST IRCCS.  

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