Mastectomia profilattica: come, quando e perché

La recente pubblicazione di una rassegna sul tema sulla rivista JAMA è l’occasione per fare il punto su questa procedura che offre la possibilità di ridurre in modo considerevole le possibilità di avere il tumore al seno nelle donne ad alto rischio. Ne parliamo con Viviana Galimberti, chirurga senologa all’Istituto Europeo di Oncologia e membro del Team Oncologia Mammella di Mutagens

Le donne con mutazioni germinali associate a un rischio elevato di tumore al seno o che sono state sottoposte a un trattamento radioterapico prima dei 30 dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di sottoporsi alla mastectomia profilattica bilaterale per ridurre il rischio di ammalarsi oppure alla mastectomia controlaterale in caso di diagnosi di tumore mammario. Sono queste le principali conclusioni di una recente rassegna sul tema pubblicata sul Journal of the American Medical Association (JAMA). Approfondiamo l’argomento insieme a Viviana Galimberti, chirurga senologa presso l’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) e membro del Team Oncologia Mammella di Mutagens.

Quando va presa in considerazione la mastectomia profilattica?

Alcune donne hanno un rischio molto elevato di sviluppare un tumore al seno rispetto alla popolazione generale. Le possibilità di ammalarsi possono infatti arrivare fino al 70 per cento e sono legate soprattutto alla presenza di mutazioni germinali patogenetiche in alcuni geni. I più noti sono i geni BRCA1 e BRCA2, ma ce ne sono anche altri come PTEN, CDH1, STK11 e PALB2. Il rischio di sviluppare un carcinoma mammario è inoltre elevato anche nelle donne che sono state sottoposte a un trattamento radioterapico sul torace prima dei 30 anni (per esempio pazienti giovanti trattate per un linfoma). A tutte queste donne possono essere proposti degli interventi preventivi. Sono due le strategie a cui si può fare ricorso: da un lato si può considerare la mastectomia profilattica bilaterale che è associata a un rischio ridotto del 90% o più di cancro al seno con un rischio residuo dall1 al 2%; dall’altra si può valutare la cosiddetta sorveglianza attiva. In questo secondo caso il rischio di cancro rimane, ma aumenta la possibilità di individuare il tumore quando è ancora in fase precoce, quindi trattabile. La sorveglianza attiva prevede, in particolare, uno screening più serrato, per esempio con un’ecografia ogni sei mesi e mammografia e risonanza magnetica una volta all’anno, a seconda dell’età della paziente. Inoltre si può valutare di integrare la sorveglianza con una prevenzione farmacologica con tamoxifene a basso dosaggio e un intervento sullo stile di vita (alimentazione adeguata e attività fisica regolare). Tuttavia, spesso la gestione psicologica della sorveglianza attiva non è semplice, non tutte le donne riescono ad accettarla. Le donne molto giovani in genere preferiscono ricorrere alla chirurgia profilattica perché riduce quasi completamente il rischio di sviluppare un tumore, mentre la sorveglianza permette una diagnosi precoce (prevenzione secondaria), ma non una prevenzione primaria.

In ogni caso la scelta di un approccio piuttosto che l’altro va fatta tenendo in considerazione il rischio della singola paziente. E’ quindi fondamentale una valutazione del rischio personalizzata che può essere fatta dal genetista sulla base di diversi fattori, a partire dai geni mutati e dalla storia familiare di cancro.

Per chi ha un grosso rischio, la chirurgia profilattica è una possibilità importante nel ridurre le possibilità di ammalarsi del 90%. I rari casi di insuccesso sono legati al manifestarsi di neoplasie a carico di residui di tessuto mammario non rimossi del tutto. Questo è uno dei motivi per cui è molto importante farsi operare in centri specializzati in questo tipo di chirurgia. La mastectomia profilattica deve essere oncologicamente corretta e deve avere anche un risultato cosmetico adeguato.

Quanto conta la presenza di un team multidisciplinare?

E’ fondamentale l’integrazione delle competenze dei diversi specialisti, dal chirurgo senologo al chirurgo plastico, che devono accompagnare la donna in questo percorso, senza dimenticare lo psicologo. Prima di sottoporsi alla mastectomia profilattica bilaterale, la donna deve infatti fare un percorso di presa di coscienza perchè si tratta di una chirurgica irreversibile. Deve esserne consapevole, deve accettare i rischi e i contro perché c’è una perdita del seno, una perdita di sensibilità e, qualora ci sia il progetto di avere dei figli, bisogna tenere presente che non si potrà più allattare, senza contare i rischi insiti in qualunque intervento chirurgico. Ma ci sono anche gli aspetti a favore: c’è il vantaggio di togliere l’ansia dei controlli, di ottenere una maggiore soddisfazione psicologia e, a volte, anche un miglioramento dal punto di vista estetico.

A che età fare l’intervento?

Il momento ideale per eseguire la mastectomia profilattica bilaterale va sempre personalizzato, considerando anche il tipo di mutazione, la familiarità e l’età del primo eventuale caso di carcinoma mammario diagnosticato in famiglia. La tempistica può variare a seconda della progettualità e delle esigenze della singola donna. Si può aiutarla a scegliere. Ci sono donne, per esempio, che decidono prima di avere un figlio, di allattarlo e poi si sottopongono alla mastectomia ed eventualmente, un po’ più in là, anche all’annessiectomia (rimozione tube e ovaie). L’asportazione degli annessi è utile nel ridurre il rischio di cancro al seno, e ovviamente dell’ovaio, nelle pazienti portatrici di mutazioni germinali nel gene BRCA1. In genere viene consigliata tra i 35 e i 40 anni, epoca in cui può dare benefici tangibili. Se la si rimanda troppo perde significato preventivo (massimo 45 anni).

Dopo i 60 anni il ricorso alla chirurgia profilattica è meno stringente, la donna può decidere di fare controlli ravvicinati. L’esigenza che una giovane ha è maggiore perché ha davanti tutta la vita, c’è un progetto, è più facile prendere una decisione. Le donne giovani sono molto più determinate. Una donna di 70 anni, anche se scopre di avere una mutazione genetica, difficilmente arriva alla scelta di fare una mastectomia profilattica. L’opzione chirurgica va sempre personalizzata e contestualizzata, ricordando che riduce il rischio di tumore della mammella del 90 per cento.

Qualora venga diagnosticato un tumore mammario, quando è indicata la mastectomia controlaterale?

La mastectomia preventiva controlaterale, ovvero la rimozione del seno sano dopo che l’altro seno è stato colpito da un tumore, è una pratica che va presa in considerazione nelle donne che sviluppano un tumore al seno e risultano portatrici di mutazioni germinali (BRCA1 e 2, PTEN, STK11, CDH1 e PALB2) oppure che sono state trattate con radioterapia prima dei 30 anni.

Quando abbiamo a che fare con una ragazza giovane a cui diagnostichiamo un tumore al seno, o ad una donna sotto i 45 anni che presenta una forte familiarità o ha un tumore triplo negativo, bisognerebbe sempre proporle una consulenza genetica ed eseguire il test genetico per la ricerca di mutazioni germinali prima di arrivare all’operazione. In questi casi il test genetico deve essere fatto con urgenza perché il suo esito può fornire informazioni utili per decidere che intervento fare. Se non c’è una mutazione germinale, si può pensare di fare una chirurgia conservativa. Viceversa se la donna è portatrice di alterazioni genetiche che predispongono al cancro si può pensare di fare sia la mastectomia della mammella malata sia la mastectomia preventiva controlaterale. E’ importantissimo programmare tutte queste azioni in anticipo e questo è uno dei motivi per cui serve avere un approccio multidisciplinare. Si è visto che gran parte delle donne che fa il test genetico prima della chirurgia, poi opta per la mastectomia del seno malato e anche di quello sano. Per molte donne l’obiettivo prioritario è quello di ridurre il rischio di rivivere l’esperienza del cancro indipendentemente dalla prognosi legata al tumore iniziale.

Gli interventi di mastectomia profilattica sono rimborsati dal Sistema sanitario nazionale?

Purtroppo la situazione è a macchia di leopardo: spesso questi interventi non vengono infatti remunerati dal Sistema sanitario nazionale e non tutte le regioni hanno DRG specifici. Qualora si opti per la sorveglianza attiva, si può contare sull’esenzione del ticket per gli esami, ma non in tutte le regioni: c’è una disparità molto grave.

Ad oggi la mastectomia profilattica non è inserita nei Livelli essenziali di assistenza (LEA) e non esiste un DRG unico e riconosciuto, cosa che noi come Mutagens e altre associazioni (Associazione Nazionale Italiana Senologi Chirurghi, Europa Donna, ecc.) chiediamo a gran voce che venga fatto, trattandosi di una prestazione di prevenzione oncologica. Un tale provvedimento renderebbe automatica a livello nazionale anche la copertura assicurativa di queste procedure. Inoltre il vantaggio economico della mastectomia profilattica è conclamato nei confronti dello sviluppo di uno o più tumori che previene, evitandone i costosi trattamenti.

Pochissime sono le regioni italiane in cui la mastectomia profilattica è rimborsata, ma non adeguatamente, considerato che si tratta di un intervento difficile che va fatto da esperti, magari con incisioni più piccole di quelle che si fanno di norma per un tumore. In Lombardia i rimborsi sono minimi e siamo molto limitati a proporre la mastectomia profilattica bilaterale. Anche per la mastectomia controlaterale i rimborsi sono ridotti.

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