La partecipazione attiva dei portatori di sindromi ereditarie nella propria presa in carico

Negli ultimi anni il ruolo dei pazienti è diventato sempre più importante all’interno dei processi sanitari. In particolare oggi vi è un’ampia condivisione, a livello nazionale e internazionale, nel dibattito scientifico e culturale, sul valore aggiunto del ruolo dei pazienti nel miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dei percorsi clinici e assistenziali. Ciò a maggior ragione nell’ambito delle malati cronici di quelli oncologici, in modo particolare.

Così come nella produzione di beni e servizi del settore privato il “cliente” è stato posto al centro di tutti i processi di innovazione e di miglioramento da parte dei produttori e dei distributori, anche nei servizi sanitari – pubblici e privati – è in atto una profonda trasformazione, a vari livelli, volta a coinvolgere il paziente in tutte le attività che lo riguardano: sia nella parte strettamente clinica sia in quelle ad essa correlate (prevenzione, assistenza, previdenza, ecc.). Tale trasformazione in atto, che osserviamo più sul piano delle dichiarazioni di intenti che su quello compiutamente realizzativo, dovrà coinvolgere tutti gli attori del Sistema Salute, a cominciare dai pazienti stessi.

In passato i pazienti e i caregiver – in genere i familiari dei malati oncologici – vivevano un rapporto di sudditanza psicologica, specie con gli specialisti ospedalieri, accentuata dalla fragilità della condizione di malato di cancro, oltre che dalla difficoltà di un confronto “alla pari” sugli aspetti medici di complessa interpretazione. Grazie all’aumento del livello culturale e ad un più facile accesso a contenuti scientifici e medici (il vituperato “dottor Google”) tale divario si sta riducendo gradualmente, consentendo ai pazienti – a tanti se non ancora a tutti – di diventare un interlocutore dei medici sulle proprie condizioni di salute e il proprio percorso di cura e sorveglianza.

Anche i professionisti della salute, medici e infermieri, stanno modificando il loro atteggiamento rispetto al paziente. La “distanza” tra medico e paziente, che in passato rappresentava una vera e propria barriera per un dialogo costruttivo, oggi si sta finalmente riducendo. I medici sono oggi consapevoli essi stessi dell’importanza di includere il paziente nelle varie attività di diagnosi, cura e prevenzione. Inoltre, oltre agli aspetti strettamente clinici, si sta finalmente comprendendo la rilevanza di quelli psicologici, senza i quali non è possibile creare un rapporto di fiducia con i pazienti. E di conseguenza l’attenzione si sta spostando dalla patologia del singolo organo, alle sue cause e alla persona nella sua interezza, in cui alla dimensione biologica va affiancata quella emotiva e mentale.

Attori non secondari sono anche gli altri operatori sanitari, come il personale amministrativo, per la prenotazioni di esami, visite, interventi, terapie, consegna di referti e di documentazione sanitaria, la cui attenzione ai pazienti può contribuire in modo determinante al miglioramento della loro qualità della vita, specie di quelli con patologie croniche notevolmente invalidanti come quelle oncologiche.

Infine, osserviamo che anche le istituzioni sanitarie e previdenziali, le società scientifiche, le strutture ospedaliere cominciano a coinvolgere i rappresentanti dei pazienti nei vari “tavoli” in cui si definiscono i percorsi clinici e assistenziali e altri aspetti correlati alla presa in carico a 360 gradi:  i PDTA di patologia e quelli relativi alle diverse sindromi, l’inserimento nei LEA delle prestazioni essenziali rimborsabili dal SSN, l’esenzione dal ticket dei soggetti con malattie croniche, l’accesso ai nuovi farmaci e agli interventi salvavita, i diritti e i benefici previdenziali e assistenziali. Le stesse aziende farmaceutiche, le strutture di ricerca, le istituzioni di regolamentazione dei farmaci, nell’ambito degli studi clinici volti alla sperimentazione e alla introduzione di nuove terapie, sono sempre più disponibili a sentire il parere dei rappresentanti dei pazienti nella progettazione e nella attuazione di tali attività, che spesso costituiscono un’opportunità salvavita quando le terapie standard non si siano dimostrate efficaci.

L’Associazione Mutagens è nata e si è sviluppata proprio partendo da questo presupposto: coinvolgere attivamente i soggetti portatori di sindromi ereditarie per renderli protagonisti nel contribuire al miglioramento della presa in carico clinica e dell’attività di ricerca a beneficio di tutte le persone con tali predisposizioni genetiche alle malattie. I portatori di sindromi ereditarie, per vissuto personale e storia familiare, sono mediamente persone con una forte consapevolezza e buone conoscenze sul piano clinico e terapeutico. Sono abituate a confrontarsi con i medici in modo diretto e trasparente, a documentarsi attraverso varie fonti, in primis all’interno della comunità di coloro che vivono simili condizioni di rischio e di malattia. Mutagens ha creato fin dall’inizio una piattaforma virtuale per valorizzare questo enorme patrimonio di conoscenze ed esperienze, con iniziative mirate e strutturate di informazione e formazione sulle sindromi ereditarie.

Ma il ruolo più rilevante di una organizzazione come la nostra è quello di contribuire a migliorare l’intero sistema sanitario nell’ambito delle sindromi ereditarie – lo abbiamo definito un po’ presuntuosamente l’”Ecosistema Mutagens” -, cioè l’insieme dei vari attori, pubblici e privati, che gestiscono quotidianamente l’insieme dei processi clinici e assistenziali per tali soggetti: le istituzioni sanitarie nazionali e regionali, le società scientifiche, le strutture ospedaliere primarie e territoriali, gli specialisti ospedalieri, i medici di medicina generale, le aziende farmaceutiche e di diagnostica, le organizzazioni del terzo settore – associazioni pazienti, fondazioni, enti del terzo settore -, i social media e i media tradizionali.

Si tratta di un lavoro enorme, che potrebbe apparire ad occhi esterni eccessivamente ambizioso e forse velleitario per una piccola organizzazione non profit creata e gestita da semplici pazienti.  Ma a meno di due anni dalla sua nascita siamo orgogliosi di quanto stiamo realizzando per le persone e famiglie portatrici sindromi ereditarie. La fiducia, la collaborazione e i risultati che stiamo ottenendo sia da chi rappresentiamo sia dai vari attori dell’Ecosistema Mutagens ci incoraggiano a perseguire la nostra missione con ancora maggiore determinazione. E presto questo impegno e questo coinvolgimento ci vedrà compiere un importante “salto di qualità” nell’assetto istituzionale e nella governance di Mutagens, di cui vi informeremo all’inizio del nuovo anno. Un Sereno Natale e un Felice Anno Nuovo.

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