La necessità dei Gruppi Oncologici Multidisciplinari (GOM) nella presa in carico delle persone e famiglie portatrici di sindromi ereditarie

La gestione dei pazienti portatori di sindromi ereditarie e delle loro famiglie è estremamente complessa e richiede specifici percorsi di diagnosi, terapia e assistenza – denominati Percorsi Alto Rischio Eredo-Familiare – come prevedono le principali linee guida internazionali (NCCN, ESMO, ERN GENTURIS) e nazionali (AIOM, SIGU, PNP 2014-2018, PDTA Alto Rischio Regionali, Piano Nazionale per la Innovazione del sistema sanitario basata sulle scienze omiche).

A differenza dei tumori sporadici, quelli ereditari possono coinvolgere più organi per lo stesso paziente e implicano un approccio gestionale e organizzativo realmente multidisciplinare da parte delle strutture ospedaliere. Infatti, la presa in carico, per essere efficace ed efficiente, comporta l’intervento di diversi specialisti che hanno la necessità di dialogare continuamente e strettamente tra loro sui singoli casi di pazienti, per ciò che attiene sia gli organi già affetti sia quelli ancora sani ad alto rischio.

Per i pazienti e per gli organi già affetti, dopo gli eventuali interventi chirurgici e le eventuali terapie oncologiche, sono previsti follow-up intensificati, volti a monitorare costantemente il quadro clinico e la prognosi; per i pazienti e per gli organi sani sono previsti in alcuni casi interventi di chirurgia profilattica di riduzione del rischio e terapie farmacologiche preventive (farmaco-prevenzione), e più in generale una sorveglianza intensificata con esami e visite ravvicinati su più organi, finalizzata ad una diagnosi precoce dei tumori con conseguente prognosi più favorevole. Nei pazienti portatori di sindromi ereditarie la necessità di un dialogo stretto tra specialisti si pone già nella fase iniziale di diagnosi del tumore e della sua associazione ad una sindrome ereditaria: il medico specialista (senologo, ginecologo, gastro-enterologo, urologo, pneumologo), il radiologo, il chirurgo oncologo, il patologo, il biologo molecolare, il genetista solo lavorando insieme sui referti diagnostici, sui materiali biologici e sul quadro anamnestico e familiare, possono ipotizzare la presenza di una sindrome ereditaria, da accertare definitivamente attraverso un test genetico sul sangue periferico. In tal caso, come previsto dai percorsi alto rischio, sia gli interventi chirurgici (es. mastectomia bilaterale di riduzione del rischio anziché la classica quadrantectomia conservativa) sia le terapie oncologiche (es. PARP inibitori, anticorpi monoclonali a bersaglio molecolare, immunoterapia) possono essere più personalizzate e mirate rispetto ai tumori sporadici di pazienti senza alcuna alterazione genetica.

Il dialogo stretto e interattivo tra gli specialisti è imposto anche dalle tempistiche: una diagnosi precoce di tumore associato ad una sindrome ereditaria può indirizzare fin da subito al meglio le terapie, evitando interventi chirurgici inadeguati o terapie oncologiche inappropriate e  aprendo la strada a interventi preventivi e opportunità farmacologiche più mirate, oggi peraltro in continuo aumento rispetto a qualche anno fa. Non si dimentichi, inoltre, che un malato a cui venga diagnosticata fin dal primo tumore la presenza di una sindrome ereditaria, potrà essere messo prontamente in stretta sorveglianza per tutti gli altri organi a rischio, insieme ai suoi familiari sani cui venisse accertata la medesima alterazione genetica.

Tra gli specialisti dei GOM Sindromi Ereditarie un ruolo centrale lo svolgono i genetisti, i quali sia sui soggetti malati sia su quelli sani a rischio sono in grado, per le proprie competenze, di garantire una “visione a 360 gradi del paziente”, al di là della specifica patologia da cui essi possono essere affetti in quel dato momento e che richiede l’intervento dello specialista (senologo, ginecologo, gastro-enterologo, urologo, ecc.), oltre che del chirurgo e dell’oncologo. Un’altra figura professionale critica è quella dello psiconcologo: la consapevolezza per il paziente di essere un soggetto ad alto rischio genetico ha fortissime implicazioni personali e familiari che necessitano di un supporto anche nella sfera mentale ed emotiva. Non è facile per nessuno decidere di privarsi di organi sani a rischio per evitare una probabile malattia, a maggior ragione se tale scelta può avere un impatto anche sulla propria capacità riproduttiva in età fertile, come ad es. nel caso della annessiectomia o della isterectomia profilattica, prospettate alle donne con sindrome HBOC-BRCA (alto rischio di cancro alla mammella e all’ovaio) e sindrome di Lynch (alto rischio di cancro al colon-retto e all’endometrio). Inoltre, non sono da trascurare anche i riflessi personali delle sindromi ereditarie sui propri familiari e in particolare sui propri figli – cui spesso si trasmette la stessa alterazione del DNA – di fronte ai quali un supporto di tipo psicologico è fondamentale, come peraltro previsto dalle linee guida per questi specifici pazienti. Ma forse la figura più importante nei GOM Sindromi Ereditarie è quella di un non medico: il “case manager”, spesso un infermiere esperto, che ha il compito di tenere nel contempo i rapporti diretti con i pazienti e con i diversi specialisti pro-tempore coinvolti su quel caso specifico. La “presa in carico a 360 gradi” dei portatori di sindromi ereditarie dovrebbe infatti andare al di là degli aspetti strettamente clinici: le persone si dovrebbero sentire “accudite” in ogni aspetto, anche in quello fondamentale della pianificazione accurata e tempestiva degli esami diagnostici, delle visite e delle terapie previsti dal follow-up e dalla sorverglianza intensificata. Ogni GOM Sindromi Ereditarie dovrebbe poter pianificare e prenotare direttamente per i propri pazienti tutte le prestazioni previste in ogni specifico caso, prevenendo le complicazioni e i fisiologici ritardi di un modello gestionale non centralizzato. In tale attività è proprio il case manager l’attore chiave: essendo un operatore sanitario interno alla struttura ospedaliera e in continuo contatto con tutto il team di specialisti, può gestire al meglio tale fondamentale attività, contribuendo a sollevare il paziente da un onere gravoso sul piano pratico e psicologico.

In conclusione, il modello dei GOM Sindromi Ereditarie è una realtà o ancora un sogno per i tanti pazienti che si trovano in questa condizione? L’Associazione Mutagens, tra le altre sue attività, sta lavorando con i propri partner scientifici e clinici – le migliori strutture ospedaliere IRCCS, AOU e AO – non solo per la condivisione e formalizzazione dei Percorsi Alto Rischio Eredo-Familiare ma anche per la costituzione dei GOM Sindromi Ereditarie, che ne rappresentano il modello organizzativo e operativo. La costituzione e la comunicazione ai pazienti e ai Medici di Medicina Generale (MMG) dei GOM Sindromi Ereditarie, come quelli delle principali patologie oncologiche, rientra nella piena autonomia delle singole strutture ospedaliere e non comporta investimenti e costi onerosi per la loro attuazione. Certamente si tratta di introdurre un metodo di lavoro altamente innovativo: più interdisciplinare, più in team, più articolato e sistematico, più pianificato ed organizzato, a cui molti clinici e molte strutture italiane non sono ancora abituati. Ma ormai è chiaro a tutti – e i dati scientifici e clinici lo dimostrano – che solo grazie alla integrazione delle diverse discipline, delle diverse competenze e dei diversi operatori sanitari, si potranno compiere nuovi enormi progressi nella diagnosi, nella cura e nella prevenzione dei tumori, a tutto vantaggio della salute dei pazienti.

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