La ricerca sulle malattie rare: obiettivi e difficoltà

Quando si parla di ricerca sulle malattie rare il primo punto da chiarire è la definizione stessa di malattia rara. In effetti, ad oggi non esiste una definizione univoca: la Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia che si occupa dell’approvazione dei farmaci negli USA, definisce “rara” una malattia che colpisce meno di 200.000 persone negli Stati Uniti1, mentre per la Commissione Europea sono “rare” le malattie che interessano 1 persona su 2.0002.

E se a prima vista questi numeri possono sembrare bassi, non bisogna dimenticare che la lista delle malattie rare è molto lunga e comprende 6.000-8.000 patologie per un totale, nella sola Unione Europea, di 36 milioni di persone affette3.

Nell’80% dei casi si tratta di malattie genetiche e, nonostante i grandi progressi della ricerca, per oltre il 90% di esse non esiste ancora una terapia approvata4.

Dove va la ricerca?

Gli obiettivi della ricerca sulle malattie rare si sovrappongono in parte a quelli della ricerca sulle malattie più comuni, ma presentano anche delle peculiarità legate proprio alle caratteristiche di queste malattie. Per esempio, proprio a causa della rarità della malattia che li colpisce, i pazienti

con malattia rara devono spesso aspettare diversi anni prima di ricevere una corretta diagnosi. E anche quando la diagnosi viene formulata, la probabilità che non ci siano terapie specifiche per curare la patologia resta purtroppo molto elevata5.

Questi due punti – l’identificazione di strumenti/metodologie per una diagnosi rapida e di terapie efficaci – rappresentano senza dubbio due importanti obiettivi della ricerca sulle malattie rare4. Ma non sono certo gli unici.

Garantire una buona qualità della vita ai pazienti è un’altra delle priorità dei ricercatori5. Inoltre, gli esperti del International Rare Diseases Research Consortium (IRDiRC) hanno identificato tre obiettivi principali per la ricerca sulle malattie rare nel decennio 2017-20274:

1) diagnosi entro un anno dal primo sospetto per chi soffre di una malattia rara già nota e ingresso in una linea di diagnostica e ricerca coordinata a livello globale per coloro che al momento non possono ricevere diagnosi;

2) 1.000 nuove terapie approvate, la maggior parte delle quali per patologie per cui oggi non sono disponibili opzioni di trattamento approvate;

3) sviluppo di metodologie per valutare l’impatto della diagnosi e delle terapie sui pazienti.

Gli esperti concordano su un fatto: per raggiungere questi obiettivi è fondamentale aumentare la consapevolezza e la conoscenza delle malattie rare nei pazienti, nella popolazione generale, ma anche nella comunità medica4.

Tanti ostacoli sul cammino

Non è certo semplice fare ricerca e in particolar modo dare il via a uno studio clinico sulle malattie rare. In primo luogo, si tratta di patologie poco diffuse, che si presentano in popolazioni di pazienti molto eterogenee, distribuite su un territorio molto vasto e anche per questo sono difficili da arruolare in uno studio. Inoltre, in due terzi dei casi i pazienti sono bambini, un fattore che complica ulteriormente la programmazione di uno studio clinico. Come se non bastasse, in genere le informazioni sulla storia clinica della malattia sono poche o nulle, e nel corso dei processi che portano allo sviluppo di una terapia i tassi di abbandono possono essere anche molto elevati6.

Con queste premesse, lo studio clinico randomizzato e controllato, che confronta un gruppo sottoposto al nuovo trattamento con un gruppo di controllo ed è considerato oggi il migliore disegno sperimentale per arrivare all’approvazione di una nuova terapia, è molto difficile da realizzare nel caso di una malattia rara. In effetti i dati suggeriscono che è più probabile che uno studio su una malattia rara sia a singolo braccio, cioè senza confronto (63% contro il 29,6% per le malattie non-rare), e non randomizzato, cioè senza che i pazienti vengano distribuiti casualmente tra i vari trattamenti disponibili (64,5% vs. 36,1% for per le malattie non-rare)6.

Ultimi, ma non certo meno importanti, i problemi legati alla convenienza economica della ricerca e dello sviluppo di terapie per una malattia rara, e i dubbi sulla qualità e l’affidabilità di dati ottenuti in condizioni “non ideali” o su numeri di pazienti molto ridotti6,7.

Dati, collaborazione e investimenti

È giunto il momento di una cooperazione globale e di una collaborazione tra i principali attori coinvolti nella ricerca sulle malattie rare. Lo dicono gli esperti IRDiRC, convinti che questa sia la via per tradurre in pratica ciò che i dati scientifici stanno dimostrando, ovvero che è possibile diagnosticare queste patologie rare e trovare terapie efficaci4. Da parte loro, le maggiori istituzioni mondiali sembrano mostrare un’attenzione crescente al problema delle malattie rare con iniziative volte a sostenere la ricerca in questo settore.

Nel 1983 gli Stati Uniti hanno pubblicato il US Orphan Drug Act, mentre nel 1985 il Giappone definisce la propria politica pubblica sui farmaci “orfani”, destinati cioè alle malattie rare6.

L’Unione Europea ha definito solo nel 2000 il proprio regolamento su tali farmaci, ma gli investimenti negli ultimi 20 anni non sono mancati né in termini economici né politici e organizzativi6. Attraverso i programmi FP7 e Horizon 2020 sono stati messi a disposizione oltre 1,4 miliardi di Euro per finanziare oltre 200 progetti di collaborazione per innovazione e ricerca nell’area delle malattie rare2. Nel gennaio 2019 è stato inoltre lanciato il programma European Joint Programme on Rare Diseases (EJP RD) che si propone di “creare un circolo virtuoso tra ricerca, cura e innovazione medica” riunendo risorse a livello nazionale ed Europeo, per ottenere livelli di collaborazione mai raggiunti in precedenza.

Collaborazione è quindi una delle parole chiave del futuro della ricerca nel campo delle malattie rare, e si verifica anche attraverso la creazione di reti per scambiarsi dati, opinioni ed esperienze. Un esempio su tutti le reti virtuali European Reference Networks (ERN) che hanno visto la luce nel 2017.

Bibliografia

1. Rare Diseases at FDA. https://www.fda.gov/patients/rare-diseases-fda

2. EU research on rare diseases. https://ec.europa.eu/info/research-and-innovation/research-area/health-research-and-innovation/rare-diseases_en

3. Rare diseases: a major unmet medical need (2018). https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/fe964792-cb6f-11e8-9424-01aa75ed71a1

4. Austin CP, et al. Clin Transl Sci (2018);11:21-27. 5. Rare diseases: a major unmet medical need (2017). https://ec.europa.eu/info/files/rare-diseases-major-unmet-medical-need-infographic_en

6. IRDiRC. Small Population Clinical Trials: Challenges in the Field of Rare Diseases (2016). https://www.irdirc.org/wp-content/uploads/2017/12/SPCT_Report.pdf

7. Pearson I, et al. Value in Health (2018); 21:515-524.

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