Immunoterapia: arma importante contro il tumore dell’endometrio

L’anticorpo monoclonale dostarlimab ha mostrato di esercitare un’attività antitumorale duratura nelle pazienti con deficit della riparazione dei mismatch del DNA e/o elevata instabilità dei microsatelliti

Da qualche mese è finalmente ufficiale la rimborsabilità dell’anticorpo monoclonale dostarlimab, utilizzabile in monoterapia per il trattamento di pazienti adulte affette da carcinoma endometriale avanzato o ricorrente, con deficit del sistema di mismatch repair (dMMR) e /o elevata instabilità dei microsatelliti (MSI-H), progredito durante o dopo un precedente trattamento con un regime a base di platino.

Il farmaco risponde a un importante bisogno insoddisfatto delle pazienti offrendo una prospettiva di trattamento in seconda linea. Prima dell’approvazione dell’AIFA, dostarlimab era già utilizzato da circa un anno nelle pazienti eleggibili grazie ad un programma di early access di GSK.

Come agisce il farmaco

Ogni anno sono circa 10mila le nuove di diagnosi di tumore dell’endometrio. Circa un terzo di queste neoplasie sono caratterizzate da un deficit della riparazione dei mismatch del DNA e/o elevata instabilità dei microsatelliti, che prima dell’introduzione della nuova immunoterapia non avevano a disposizione trattamenti specifici in seconda linea. Grazie allo studio GARNET si è visto che dostarlimab agisce riattivando il sistema immunitario di queste pazienti con malattia localmente avanzata o metastatica e con tumore dMMR/MSI-H.

In particolare, dallo studio è emerso che il tasso di risposta obiettiva di questo inibitore di PD-1 è risultato maggiore nella coorte con di pazienti con dMMR/MSI-H dove 6 donne su 10 hanno mantenuto il controllo della malattia dopo oltre due anni. Diversamente per le pazienti con sistema di riparazione del mismtach repair funzionante e stabilità dei microsatelliti (MMRp/MSS) il risultato è inferiore, in quanto solo 3 su 10 hanno mantenuto il controllo della malattia dopo circa un anno e mezzo (il follow up è solo di 33 mesi).

Le ricadute

«I dati del GARNET sono importanti – fa notare Nicoletta Colombo, docente di Ginecologia e Ostetricia all’Università di Milano Bicocca -. Innanzitutto confermano un tasso di risposta estremamente elevato nelle pazienti con dMMR/MSI-H, ma soprattutto, cosa ancora più interessante, con il follow-up prolungato si è visto quanto queste risposte siano durature con un impatto decisivo sulla sopravvivenza libera da progressione».

L’anticorpo monoclonale anti-PD-1 dà quindi una risposta non solo elevata, ma duratura e rapida, cosa che porta a un immediato beneficio in termini di qualità di vita alle pazienti. In generale, il tempo medio all’ottenimento della migliore risposta è risultato di circa 8 mesi.

La prospettiva di un ampliamento delle indicazioni

In un prossimo futuro le indicazioni al ricorso di dostarlimab potrebbero essere ampliate, come suggeriscono i risultati dello studio di fase III RUBY, anticipati di recente da GSK.

La ricerca ha confrontato l’efficacia di un regime terapeutico comprensivo di dostarlimab più chemioterapia standard (carboplatino-paclitaxel) seguita dal solo dostarlimab, con la chemioterapia seguita da placebo in pazienti adulte con carcinoma endometriale primario avanzato o ricorrente. Ebbene i dati nuovi dati mostrano che la terapia offre un beneficio statisticamente e clinicamente significativo sia nel sottogruppo di pazienti con deficit di riparazione del mismatch/alta instabilità dei microsatelliti che nella popolazione complessiva. È stato osservato infatti anche un beneficio clinicamente rilevante nella sopravvivenza libera da progressione nel sottogruppo di pazienti con capacità di riparazione del mismatch e stabilità dei microsatelliti (MSS).

Sulla base di questi risultati positivi, GSK intende chiedere nella prima metà dell’anno in corso, l’approvazione dalle autorità regolatorie di una nuova indicazione per dostarlimab nel trattamento della malattia primaria avanzata o recidivante del tumore endometriale.

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