I vantaggi dello screening genetico “precoce” per i tumori di seno e ovaio

Secondo uno studio statunitense pubblicato su JAMA Network Open, i test genetici possono essere costo-efficaci se effettuati nella popolazione femminile tra i 20 e i 35 anni

Lo screening genomico per i tumori ereditari di seno e ovaio (HBCO) può rappresentare una grande opportunità per le donne. Sapere di essere portatrice di una mutazione associata a un rischio maggiore di ammalarsi può infatti consentire alla donna di sottoporsi a interventi di prevenzione primaria (mastectomia bilaterale e/o ovariectomia con riduzione del rischio di ammalarsi e di morire) e secondaria (diagnosi in fase precoce con riduzione del rischio di morire di tumore). Ora uno studio pubblicato di recente su JAMA Network Open, segnala che questo tipo di screening, nelle giovani donne tra i 20 e 35 anni, è conveniente in termini di costo-efficacia. Lo studio è stato realizzato dal RISE (Rational Integration of clinical SEquencing), un consorzio di università statunitensi che stima il valore clinico ed economico a lungo termine dei test genetici, finanziato dal National Human Genome Research Institute statunitense.

L’analisi

Di norma la scoperta di essere portatrici di mutazioni associate al rischio di tumori ereditari di seno e ovaio, avviene dopo la prima diagnosi di tumore, spesso a causa di una mancanza di conoscenza o di una storia familiare non significativa che non giustificava i test genomici secondo le linee guida correnti.
Nel nuovo studio, i ricercatori statunitensi hanno utilizzato un particolare modello analitico decisionale (modello di Markov) e messo a confronto i risultati dello screening in una popolazione non selezionata di donne senza una precedente diagnosi di neoplasia rispetto a quanto accade in totale assenza di screening. Gli studiosi hanno analizzato specifiche varianti genetiche associate al rischio di cancro, in particolare quelle nei geni BRCA1, BRCA2, ATM, CHEK2, MSH6, PALB2, RAD51C e TP53.
I dati raccolti mostrano che lo screening delle trentenni americane potrebbe portare a 75 casi di cancro in meno ogni 100.000 donne, con 138 casi in più diagnosticati in fase precoce e 214 casi in meno di tumori individuati in fase avanzata. Rispetto alla tradizionale strategia basata sulla storia familiare, si tratta dunque di numeri vantaggiosi. I benefici scemano invece in modo sensibile se si considerano donne con più di 45 anni: in questa fascia d’età si sono infatti contati 24 casi di cancro in meno ogni 100.000 donne.

I ricercatori hanno inoltre valutato l’entità dei benefici derivanti dal possibile screening genetico a cascata dei familiari nel momento in cui le donne portatrici delle mutazioni riferiscono la propria condizione ai parenti. In questo caso il vantaggio, secondo gli autori, in termini di rapporto costo-efficacia, appare modesto: solo il 70 per cento delle donne mutate ha riferito la sua condizione e solo il 20 per cento delle congiunte di primo grado ha deciso di sottoporsi a sua volta allo screening genetico.

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